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Venerdì scorso ho avuto il piacere di degustare il 2008 del Romanée Saint Vivant del Domaine de la Romanée Conti.
Non lo degustavo da qualche anno ed è stato un piacere intenso.
Grazie a Davide Cecio che mi ha invitato a degustarlo in occasione del suo compleanno!
Come di consueto faccio prima qualche riferimento storico e geografico.
A Vosne Romanée si trovano ben 6 Grand cru, Saint Vivant è quello più vicino al paese, di fatto a pochi passi dalle case e dalla cantina del Domaine de la Romanée Conti.
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Tutto il Grand cru misura 8,37 ettari, di cui ben 5,2858 ettari sono quelli destinati al Romanée Saint Vivant del Domaine de la Romanée Conti.
La produzione varia di anno in anno, intendo in particolare quella del St. Vivant del DRC, negli ultimi 20 anni l’annata in cui è stata imbottigliata la quantità minore è stata proprio quella del 2008, oggetto della degustazione, con sole 9.458 bottiglie prodotte. Per curiosità l’annata più produttiva è stato il 2005, con ben 17.392 bottiglie prodotte.
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Il terreno che diede origine ai vigneti forse più prestigiosi al mondo, quelli di Vosne, come è noto, fu impiantato dai Romani, ma furono i benedettini dell’abbazia di Saint Vivant che diedero continuità alla produzione in questo paese. L’abbazia di Saint Vivant fu costruita nel IX secolo dai monaci venuti dall’abazia di Vendée, da cui furo no cacciati dai Normanni.
Qui a Vergy, furono accolti dal Conte Manassée de Chalon e da suo fratello, il Vescovo di Autun .
I Monaci di Vendée portarono anche le reliquie di San Viventius, un Santo arrivato nella zona di Poitou dalla Palestina, pertanto l’abbazia fu consacrata a Saint Vivant.
Il 13 novembre 1131, il Duca Ugo II di Borgogna donò all’Abbazia di Saint Vivant, alcuni terreni incolti a Vosne e a Flagey.
Qui i monaci impiantano alcuni dei vigneti che diventeranno tra i più famosi del mondo e tra i quali quello che in futuro si chiamerà Romanée Saint Vivant.
Vosne
Nel 1232 la duchessa di Borgogna Alix de Vergy (1182 – 1251), vedova di Oddone III, duca di Borgogna, donò al Convento i suoi migliori vigneti tra i quali Le Cloux des cinq Journaux.
Nel 1512 una mappa descrive i vigneti dell’Abbazia di Saint Vivant con dei nomi precisi:
Le Cloux des cinq Journaux, Le Cloux des quatre Journaux, Le Cloux du Moytant, Le Cloux des neuf journaux e La Vigne au Couvent de Cisteaux.
Qui apro una parentesi per descrivere la storia a volte poco chiara di questi vigneti.
Prima del 1584 Le Cloux des cinq Journaux, sarà per un breve periodo incolto, a causa di una misteriosa peste, in quel periodo il nome del vigneto cambia in Cros de Cloux.
Il 19 febbraio 1584 il priore dell’Abbazia di Saint Vivant vende il terreno incolto a Claude Cousin, che lo reimpianta a Pinot noir.
Nel 1603, Germain Danon , nipote di Claude Cousin, eredita il Cros de Cloux e nel 1621 lo vende a Jacques Venot.
Il 28 agosto 1628 Jacques Venot cede a sua figlia Jeanne, moglie di Philippe de Croonembourg, il prezioso vigneto, che 20 anni più tardi avrà preso il nome di Romanée.
Il 18 luglio 1760 i Croonembourg vendono a Jean-François Joly de Fleury, che a sua volta lo cede a Louis François de Bourbon Principe di Conti.
Nel 1789 la rivoluzione francese e il resto è storia recente, il vigneto si chiamerà Romanée Conti.
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Tornando al 1512 i vigneti Le Cloux du Moytant, Le Cloux des neuf journaux e Le Cloux des quatre Journaux saranno in seguito uniti e formeranno il vigneto Romanée Saint Vivant e La Vigne au Couvent de Cisteaux diventerà Richebourg.
Nel 1791, dopo la rivoluzione francese, l’intero Romanée Saint Vivant (la somma dei 3 vigneti citati), fu acquistato da Nicolas-Joseph Marey, genero di Gaspard Monge, matematico e professore di fisica già a 17 anni, che fu ministro della Marina nel primo governo rivoluzionario e cofondatore dell’ École Polytechnique.
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Per oltre un secolo Romanée Saint Vivant è stato monopole della famiglia Morey Monge, ma nel 1898 il lieu dit Les quatres Journaux viene venduto alla famiglia Latour, che a sua volta in seguito ne venderà circa metà. Poco dopo un’altra piccola porzione, parte del vecchio Cloux des neuf journaux, verrà venduta a Charles Noellat.
Nel 1966 i restanti 5,2858 ettari sono stati affittati al Domaine de La Romanée Conti, e nel 1988 sono stati acquistati dal Domaine de la Romanée Conti. Tuttavia ancora oggi sull’etichetta del Romanée Saint Vivant DRC resta la scritta Morey-Monge.
Chiudo la parentesi e veniamo al vino.
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In leggera pendenza verso est Romanée Saint Vivant ha un franco di coltivazione di circa 90 cm, a differenza del vigneto Romanée Conti che ha un franco di coltivazione di circa 60 cm.
Roccia marina calcarea ricoperta da terre brune, argillose e ricche di calcare attivo, con più argilla rispetto ai suoi vicini Grand Cru, ha mediamente una pendenza minore e sta leggermente più in basso.
La recente degustazione del Romanée Saint Vivant dal 2008 mi ha dato queste sensazioni:
Alla vista è apparso di un rosso rubino piuttosto scarico, in linea con le attese.
Al naso l’intensità è considerevole e si fa sentire già a distanza.
Al primo impatto la sua fama di vino femminile e sensuale è immediatamente confermata.
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Fine, elegante, le note di bergamotto, cedro candito e lampone dominano la scena per molti minuti, inebriante, ma senza mai cedere neanche un millimetro sul piano della grazia.
Suadente, ma solido, aspetta ancora prima di lasciare spazio a un susseguirsi di altre complesse sensazioni fruttate dove il mirtillo, il ribes, la ciliegia e la prugna nera si inseguono e si avvicendano al comando.
Poi si fanno spazio note floreali, con rosa e viola in prima fila.
L’intensità non cala neanche dopo lunghi minuti, ma sempre senza perdere eleganza, ancora qualche minuto per rendere saturi i recettori olfattivi delle note fruttate e finalmente esplodono nitidi ricordi di pepe nero, noce moscata, cardamomo, chiodi di garofano e tartufo nero.
In bocca la tessitura tannica risulta insieme setosa e vellutata, assolutamente priva di asperità.
Il finale è lunghissimo e la soddisfazione totale.
Certamente un vino degno della sua fama, avvolta da un fascino e da un’aura notevoli, anche in un’annata, la 2008, non eccellente come il 2005 o il 2009.
Non capita spesso di degustare vini così rari e preziosi, ma quando capita è raro rimanere delusi.
Salute!

This article has 4 comments

  1. Grazie per tutte le informazioni dettagliate e preziose…. e beato te !

  2. Grazie a te Fabio, chissà se la prossima riusciremo a degustarla insieme!

  3. Grazie della puntuale descrizione del vino e delle sue origini. Ma perchè non si trova scritto sull’etichetta “Gran cru”?

    • Sergio Di Loreto

      Effettivamente è abbastanza insolito scegliere di non scrivere Grand cru quando se ne ha diritto, il motivo è semplice: la aoc Romanée -St-Vivant è una “appellation” che si riferisce a un Grand cru, pertanto il produttore considera superfluo scriverlo. Non esiste possibilità di equivoco. Inoltre è una scelta che ostenta sicurezza, Grand cru diventa un dettaglio poco rilevante.

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