49c905ecbcfc50a516aeb95d82b939a3Come si fa a dirlo con certezza? Spesso alcuni consumatori contestano una bottiglia di vino dicendo che sa di tappo, ma poi si scopre che non era così, magari era un altro difetto oppure solo la fantasia e la voglia di mettersi in mostra quali “esperti”.
Ci sono alcune semplici regole che ci possono aiutare.
Per iniziare, se il tappo sa di vino, il vino non sa di tappo e possiamo già escludere il difetto.
Sentiamo bene l’odore del tappo, sia la superficie tonda che il profilo, poi sentiamo l’odore del vino, gli odori che ti devono mettere in allarme sono questi: quotidiano ammuffito, cemento fresco, cane bagnato e calzino stantìo.
Se siamo ancora in dubbio possiamo assaggiare il vino e se il dubbio persiste ancora possiamo diluire il vino con un po’ d’acqua. Infatti l’alcol in parte nasconde il difetto e aggiungere acqua fa accentuare il difetto stesso.
Un altro accorgimento è quello di aumentare la temperatura della piccola quantità messa nel bicchiere, in modo che la percezione delle molecole maleodoranti vengano amplificate.
Qual è la probabilità che un vino abbia il difetto di tappo? Qualche anno fa il rischio poteva arrivare addirittura al 7/8%, oggi i sugheri sono selezionati con sempre maggiore cura e il rischio è sceso al 2/3%.
Il colpevole è una molecola chiamata Tricloroanisolo, la sostanza che conferisce il cosiddetto sentore di tappo nel vino. Si tratta di un fungo, l’Armillaria mellea, parassita della quercia da sughero. Nel caso il fungo si sviluppi in un tappo di sughero, si avrà la formazione di tricloroanisolo (TCA), quale prodotto del metabolismo secondario, che conferirà al vino il tanto odiato sentore.
L’armillarea mellea in realtà è un fungo mangereccio molto diffuso, chiamato comunemente chiodino.

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  1. La soluzione saranno i tappi a vite di nuova generazione ?

    • In parte la soluzione è quella dello “stelvin” almeno per quanto riguarda i vini da consumare giovani. Molti soprattutto all’estero li stanno utilizzando ed anche aziende italiane soprattutto per l’export, visto che in Italia le resistenze sono molto forti. Anche Frescobaldi per il mercato italiano ha utilizzato lo “stelvin” su un vino chiamato Pater, che è praticamente quasi scomparso dal mercato italiano. Sicuramente la ricerca continua e probabilmente gli interessi in gioco sono alti. Ci sono soluzioni interessanti in cantiere ed alcune anche già sul mercato. Allo stato attuale sembra che per i vini da lungo invecchiamento il sughero resti la soluzione più idonea.

  2. Bisogna anche dire però che quando il vino ha un problema di tappo, sà effettivamente di sughero sia al naso che in deglutizione, magari non sempre, ma questa mi pare sia l’evenienza più comune. O no, Sergio ?

    • Fabio direi di sì. Va detto che la soglia di percezione è soggettiva e probabilmente, sebbene soggettiva, abbastanza omogenea o comunque con scostamenti relativamente contenuti, sia al naso che in deglutizione. La soglia di riconoscimento secondo la mia esperienza è molto più variabile. In pratica mi è capitato spesso di incappare in degustatori, non necessariamente esperti, in grado di rilevare un’anomalia nel vino senza capire di cosa si tratti, spesso “sparando” il difetto di tappo che forse è il più comune, ma senza esserne intimamente convinti. Infatti spesso sono fuori strada. Al contrario ho incontrato persone che hanno riconosciuto il difetto di tappo a diluizioni infinitesime che spesso provano anche immediata repellenza ed altri che invece non lo sentono se non ad alte intensità e dicono: lo bevo lo stesso!

  3. Come al solito grazie per la chiarezza espositiva (spesso mi capita di attingere dai post del coppiere o di consigliarli) . Volevo solo ricordare, tra le sperimentazioni, quella dei tappi sintetici, oggi anche a bassisimo impatto ambientale. Purtroppo non li uso per una scelta aziendale di assecondare la clientela diffidente verso questo tipo di soluzione ma, vale la pena discuterne e sperimentare sempre.

    • Grazie Arturo, sono d’accordo con te, per alcuni vini i tappi sintetici, soprattutto quelli di ultima generazione, sono molto indicati. Non è ancora chiaro, almeno a me, il risultato dopo decenni di invecchiamento sui vini da lungo invecchiamento. Bisognerebbe approfondire. Il mio articolo volutamente corto di certo non è sufficiente a sviscerare l’argomento. Mi piacerebbe ospitare sul Coppiere della sera anche articoli scritti da miei amici, come te.

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