Dopo aver scelto la bottiglia di vino che berremo, il passo seguente è la scelta del bicchiere in grado di esaltare le qualità organolettiche del vino. Non è un compito facile.

Un giorno, ospite di un grande esperto di cristalli e soprattutto di bicchieri da vino, ho fatto un’esperienza interessantissima: ho degustato lo stesso vino in un centinaio di bicchieri diversi.

Non vi è ombra di dubbio che, se da una parte il carattere del vino è sempre venuto fuori, è anche vero che alcuni bicchieri sono stati in grado di esaltare le caratteristiche peculiari in misura davvero ragguardevole!

La ricerca di forme ottimali per ottenere il massimo, ha dato risultati davvero molto interessanti.

Anche la scelta dei materiali è fondamentale: cristallo superiore, cristallo al piombo, vetro sonoro superiore, vetro sonoro.

Le diverse  categorie sono individuate in funzione della quantità di ossido di piombo che  contengono:

un vetro, per poter essere chiamato “cristallo” deve contenere almeno il 24% diossido piombo, al di sotto di questo valore può essere “sonoro superiore” o “sonoro”.

Esistono anche vetri sonori che non contengono ossido di piombo, cosiddetti “ecologici”, ma quasi altrettanto trasparenti e sonori, realizzati perché in alcuni paesi l’ossido di piombo è considerato tossico, ma contengono atri additivi.

Comunque il bicchiere ottimale per il vino deve essere:

trasparente, con lo stelo, cioè a forma di calice, preferibilmente di cristallo o in vetro sonoro, incolore.

Questi i requisiti sono essenziali  per poter valorizzare al meglio il vino e permetterne l’esatta valutazione  del colore e della limpidezza, per poterlo impugnare  senza che eventuali odori  della mano possano interferire con gli aromi del vino e senza che il calore della mano riscaldi il vino e senza che le mani possano appannare il “bevante”.

Un’altra norma da osservare è quella di non riempire mai il calice per più di un terzo della sua capienza massima, meglio se riempito per un quarto, onde consentire al vino di potersi muovere nel bicchiere senza debordare.

Alcuni, anzi molti degustatori utilizzano il calice ISO per le degustazioni, che è stato così realizzato dopo una lunga serie di esperimenti e di studi che  hanno consentito di determinare la forma più vantaggiosa e idonea per la corretta individuazione  degli aromi e per la loro razionale valutazione.

Jules Chauvet, un esperto degustatore e vitivinicoltore di Beaujolais, contribuì in maniera determinante attraverso i suoi studi, condotti a metà del secolo  scorso.

Gli argomenti su cui si sono basati gli studiosi che hanno realizzato il bicchiere ISO hanno preso in considerazione  il rapporto fra volume e superficie di un bicchiere e la relazione diretta di queste dimensioni  con lo sviluppo degli aromi.

I loro studi hanno preso in considerazione necessariamente anche la forma del calice arrivando a determinare che la più idonea è quella  a “uovo allungato”.

Grazie a questa sua forma  e alle sue dimensioni, frutto di approfonditi studi e ripetute misurazioni,  gli aromi di un vino riescono a svilupparsi correttamente e a concentrare i profumi in un’area limitata per un corretto esame olfattivo.

calice Uni

calice Uni

Le dimensioni sono state codificate  dall’International Standards Organization, ISO.

Per ottenere il massimo però sarebbe opportuno avere almeno 2 o 3 calici diversi per poter esaltare in pieno le caratteristiche dei vini in funzione della loro tipologia.

Un vino rosso maturo ed importante è in grado di esprimere al massimo i suoi pregi attraverso un bicchiere un po’ più “panciuto”, per consentire al vino di ossigenarsi prima e di esprimere anche i suoi  profumi più complessi.

Alcuni studi più approfonditi hanno anche individuato calici più idonei per grandi vini rossi in funzione dei “gruppi di vitigni” o delle zone di produzione.

Un Super Tuscan o un Bordeaux ad esempio si esprimono molto bene con un calice grande e slanciato come questo:

Calice Bordeaux

Calice Bordeaux

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Un Brunello di Montalcino o un Barolo o un Borgogna grand cru invece generalmente si esalta con un calice più tozzo e panciuto come questo:

calice Barolo

calice Barolo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Un bianco molto complesso come un Pomino riserva Benefizio o un Montrachet può esprimersi molto bene con un calice a forma di grande tulipano come questo:

Calice Montrachet

Calice Montrachet

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Un bianco più giovane e fruttato dà il meglio di sé con un bel calice dalle dimensioni un po’ più ridotte come questo:

Calice bianco

Calice bianco

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Uno spumante o uno Champagne potrebbero dare il meglio di se stessi con un calice che abbia spazio ma anche una punta in grado di generare un bel perlage:

Celice Champagne

Celice Champagne

This article has 6 comments

  1. e dell’annosa questione: flute & champagne cosa ci dice, signor Coppiere ?
    😉

    • Grazie per la bellissima domanda che va subito al cuore di una vecchia polemica. La flûte piccola è tristissima. Una bella flûte lunga soffiata a bocca esalta il perlage, ma castiga i profumi. Un calice da vino rosso è da sbruffone che rischia di castigare il perlage. Io trovo molto interessante e lo consiglio il calice Adina di Spiegelau, ampio ma con una bella punta verso il basso che facilita lo sviluppo di un bel perlage. Metterò la foto sull’articolo. Comunque dipende anche dallo Champagne o spumante che dobbiamo degustare, alcuni Champagne con una spuma volutamente meno esuberante la scelta di un bicchiere simile a quello da Bolgheri o da Bordeaux, magari anche un po’ più piccolo può essere una buona soluzione.

  2. ho notato che lo spessore del vetro è importante. Per questo non amo i bicchieri ISO: il vetro è troppo spesso in rapporto alle dimensioni del bicchiere. Detto questo, i bicchieri “importanti” hanno secondo me un grosso limite: spostano troppo l’attenzione del degustatore sul “naso”. Il risultato è che si è portati a dare troppo peso all’espressione dei profumi e si penalizza il dopo bocca che secondo me è la vera carta d’identità del vino. Assaggiando in un bicchiere da osteria duralex tutta l’attenzione si sposta sulla deglutizione e ci costringe a una maggiore intimità col vino. Non voglio dire che non sia giusto utilizzare i bicchieroni importanti, io li uso sempre, ma qualche volta fare il confronto aiuta.

    • Fabio sono d’accordo con te che l’esame gustativo rappresenta l’anima della degustazione e certamente anche il corpo. Cercare la tessitura del vino e coglierne il contatto fisico è fondamentale. Un vino fisicamente sfuggente mi affascina meno di uno con un bel “grip”, soprattutto se poi andiamo ad abbinarlo con alcuni cibi. Quello che io definisco “grip” del vino è un parametro indipendente dalla grana della trama tannica. Si può avere un bel “grip” con trame anche molto diverse.

  3. Sergio, anch’io ho fatto vari esperimenti utilizzando lo stesso vino con vari tipi di bicchieri e sono giunto alla seguente conclusione più il vino è vecchio (30… 40 anni e più) e più grande e panciuto deve essere il bicchiere (sempre di cristallo sonoro) per un vino giovane e mediamente giovane vanno bene anche i bicchieri da te proposti….. ho scoperto ultimamente un bicchiere per degustare distillati che mi ha stupito per la sua resa di profumi e che ti allego in foto su FB….il segreto in questo caso credo sia nella forma il fondo del bicchiere ha la forma di un piccolo calice che si raccorda ad un calice più grande che ha la funzione di esaltare i profumi (incredibile)

    • Mauro in linea di massima sono d’accordo, anche se faccio distinzione anche da regione a regione. Ultimamente ho testato qualche calice della Zalto e mi ha impressionato molto positivamente. Alcune variazioni di sezione, come quella indicata da te, esaltano certamente i profumi e sono molto interessanti soprattutto con vini piuttosto giovani, cha amano questo tipo di traumi. Con vini più maturi preferisco restare su bicchieri che non traumatizzino troppo il vino.

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