bandoIl noto Bando di Cosimo III de’ Medici, promulgato il 24 settembre 1716, ormai quasi 3 secoli fa, resta la legge che identifica i confini entro i quali si possono produrre vini con un nome regolamentato più antica del mondo. Di fatto la vera legge madre di tutti i regolamenti e disciplinari per la produzione dei vini, ovvero la prima legge per le Denominazioni di origine controllate mai promulgata al mondo. Parla di 4 vini tra i quali Pomino.
Queste le delimitazioni geografiche:
Dal fiume Sieve ove sbocca il fiume Arno; quindi prendendo il corso d’Arno all’insù fino all’Imboccatura del Rio di Vicano della Massolina, e secondo il corso di quello, fino alla Vallombrosa; ivi per la strada del Poggio, fino all’Osteria della Consuma, e da questa per il Fosso della Moscia, fino al fiume Sieve, e da detto fiume, fino all’Imboccatura dello stesso nel fiume d’Arno, & c.
Il bello di questa legge è che prevede, giustamente, anche sanzioni per chi abusi di queste denominazioni. Il tutto con lo spirito di scongiurare eventuali frodi in commercio tramite un meccanismo di controllo sul rispetto di precise norme di produzione. La ragione profonda di questo bando, primo vero disciplinare di produzione della storia, fu quella di garantire che i 4 vini individuati fossero gli unici commessi per navigare, ossia gli unici che potevano essere spediti all’estero per nave, in quanto la loro qualità intrinseca e il rispetto di norme di produzione precise garantiva che a destinazione giungessero solo vini di alta qualità.

Vigneti a Pomino

Vigneti a Pomino

Cosimo III riteneva, in merito alla “questione vino” che i vini normati erano infatti considerati importanti per il “decoro della Nazione” e Cosimo III, che teneva molto all’onorabilità del Granducato presso le corti europee, non poteva assolutamente permettersi di perdere la faccia per via del vino adulterato o di mediocre qualità.
Ancor prima, nel 1685 il noto medico e letterato, Francesco Redi lo lodava, nel Ditirambo Bacco in Toscana, rimarcando la qualità superiore del Pomino degli Albizzi .
Quel gran vino
di Pumino
sente un po’ dell’affricogno;
Tuttavia di mezzo agosto
io ne voglio sempre accosto;
E di ciò non mi vergogno
perché a berne sul popone
Parmi proprio sua stagione.
Ma non lice ad ogni vino
di Pumino
Stare a tavola ritonda
Solo ammetto alla mia mensa
quel che il nobile Albizzi dispensa
E che fatto d’uve scelte
fa le menti chiare e svelte.
Fa le menti chiare e svelte
anco quello,
ch’ora assaggio e ne favello
Per sentenza senza appello:
Ma ben pria di favellarne
Vo’ gustarne un’altra volta.
Tu, Sileno, intanto ascolta…
Francesco Redi

Francesco Redi

In questi secoli Pomino ha sempre goduto di un ottimo prestigio, anche se a causa delle sue piccole dimensioni non ha avuto la riconoscibilità di altre denominazioni.
Pomino da almeno 150 anni è una doc anche profondamente moderna.
A questo punto non si può fare a meno di parlare di un personaggio che rappresenta una svolta per la viticoltura toscana: Vittorio degli Albizzi.
Fu il giovane rampollo della nobile famiglia fiorentina, nato in Francia ma cresciuto tra la Toscana (Firenze, Pomino e Nipozzano) e la Francia (castello di Lebreuille nei pressi di Auxerre, Borgogna) a portare le novità più dirompenti rispetto alla struttura agronomica allora dominante.
Vittorio capì che la viticoltura toscana aveva bisogno di tornare alla coltivazione specializzata per tornare a produrre vini di qualità paragonabile a quella dei vini francesi.
Egli intuì che a causa della forte contrazione produttiva causata dall’oidio nelle annate 1852 e 1853 con perdita di gran parte del raccolto e del patrimonio viticolo, si sarebbe potuto creare uno scenario internazionale favorevole per il commercio di vini di qualità. Prese contromisure come la zolfatura e ramatura delle viti (che vediamo già attiva a Pomino nel 1856-57).
Agì immediatamente su più fronti.
Rimpiazzò le viti malate mediante l’impiego di propaggini, un metodo allora efficace non essendo ancora sopraggiunto il flagello della fillosserica che, a partire dal primo Novecento, avrebbe reso obbligato l’innesto di ogni magliolo sul “piede” di vite americana per difesa dalla parassitosi radicale.
Iniziò a piantare nuovi vigneti in coltura specializzata con sesti d’impianto fitti.
Introdusse prima a livello sperimentale e poi su vasta scala vitigni con ciclo vegetativo più breve e meno esigenti quanto a somma termica.
Vittorio, nel 1864, fu accolto quale membro effettivo dell’Accademia dei Georgofili all’età di 26 anni e tenuto conto che i membri dell’Accademia erano allora soltanto una settantina in tutta Italia, l’appartenenza a tale istituzione di un agronomo così giovane era di per sé un indubbio segno delle capacità che aveva già mostrato.
Vittorio degli Albizzi

Vittorio degli Albizzi

Molta risonanza ebbe una sua relazione presentata all’accademia il 7 aprile 1867
… La causa prima e principalissima della nostra inferiorità è, a parer mio, il comune sistema di coltivare la vite sempre associata ad altre colture arboree e annuali, né mai da sé sola, contrariamente a quanto si pratica dove si vuole buono e abbondante prodotto.
e ancora
Ho accennato alla scelta di varietà di viti precoci, nostrali o estere, perché esse possano maturare perfettamente le loro uve in un clima, che fornisca loro minor somma di gradi di caldo, di quella occorrente alle nostre comuni specie, e possano così innalzarsi ad un livello di oltre 200 metri al disopra delle nostre […]: lasciatela per un momento apparire alla vostra mente [questa zona], quale un lungo nastro che si svolga attorno agl’innumerevoli e tortuosi seni ascosi fra i gioghi dei nostri monti, limitata al di sotto fra la zona coperta dall’olivo, e al disopra dalle macchie dei cerri o dai ridenti castagneti, e giudicate qual variato campo abbiamo di esperimenti a farsi e quanta vastità di nuovo territorio potrebbe essere conquistato per la vite!
Egli sostenne la sua proposta per una regione viticola situata oltre i 500 metri di altezza, con una serie di argomentazioni di carattere enologico:
é un fatto ammesso dalla maggior parte degli enologi che i climi caldi forniscono i vini più generosi, mentre é sotto i climi temperati e quasi freddi che la vite produce i vini fini e più squisiti.
Per la realizzazione del suo programma di valorizzazione enologica e di rivitalizzazione della viticoltura di Pomino Vittorio sperimentò nei nuovi vigneti, introducendoli dalla Francia e affiancandoli ai vitigni autoctoni (Sangioveto, Canajolo nero e bianco, Trebbiano), i vitigni a bacca nera : Petit Gamais de Beaujolais, Carmenet, Cabernet, Verdot, Pinot noir de la Borgogne, Syrah de l’Ermitage, a bacca rossa Pinot gris e i vitigni a bacca bianca (Chardonnay, Pinot blanc, Sauvignon, Semillon, Roussanne e Marsanne, allo scopo di dare il via alla produzione di un vino bianco che, nelle sue intenzioni doveva richiamare le caratteristiche organolettiche dello “Chablis” borgognone e che, infatti, nel 1878 vinse il primo premio all’esposizione internazionale di Parigi come lo “chablis di Pomino”. Ancora una volta la sua mente razionale aveva intuito che su suoli acidi come quelli di Pomino si potevano produrre grandi vini bianchi, un’assoluta novità per l’ambiente agrario pominese, in cui fino ad allora si erano prodotti solo vini rossi.
Vittorio introdusse nella Tenuta di Pomino, per primo in Italia, la logica della cantina verticale, con le vasche di pigiatura a un livello superiore rispetto ai tini di fermentazione e di stoccaggio, onde evitare ossidazioni dovute all’utilizzo di pompe.
Vigne e villa di Pomino

Vigne e villa di Pomino

La modernità di Pomino continua con i Frescobaldi che concepiscono il più moderno disciplinare produzione per un vino a denominazione di origine controllata in Toscana.
In cosa consiste questa modernità?
Si tratta del solo disciplinare di produzione che, grazie alle caratteristiche pedoclimatiche di Pomino consente di produrre in Toscana uno spumante con il metodo classico, sia nella versione normale che nella versione “riserva” e in entrambe le opzioni cromatiche bianco e rosato.
Il disciplinare di produzione che prevede la produzione di Pomino bianco doc riserva, anche in virtù della straordinaria longevità dei vini bianchi prodotti a Pomino.
Si tratta anche del solo disciplinare di produzione che prevede la produzione di un Pinot nero doc in Toscana.
E’ talmente articolato che prevede anche la produzione del vinsanto nelle due versioni: classico (da uve bianche) e occhio di pernice (da uve nere).
Per queste ed altre ragioni Pomino è di fatto una delle doc più affascinanti al mondo.
Uve di Pomino in appassimento

Uve di Pomino in appassimento

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This article has 7 comments

  1. Roberto Pinzani aka manunta

    Mi chiamo Pinzani.di cognome e sotto Pomino c’e borgo in Pinzano noi si viene tutti di lì questo sito e uno spettacolo artro che Siena que’ doddi se un c’ era gente come l’ Albizzi o i ‘
    Ricasoli sarebbero ancora a fa’ que’ vinacci cancheroni che erano avvezzi a trincare qui si fa’ la storia li la subiscono . Da queste valli s’è ammaestrato la viticoltura toscana e più oltre, che lo si dica una vorta pe’
    Tutte. Dalla Rufina partiva e parte tuttora i’ carro matto
    Pe’ arrivare n’ sino ai Duomo di Firenze . Che ragli pure l’ asinume senese che son Boni artro che a truffare i disciplinare di su’ Brunello pe andare incontro ai gusti degli americani. Quante c’ è nè rimaste di cantine in do’ si svina ancora pe’ gravità come a Pomino? Poche o punte . Nelle cantine vecchie come quella di Pomino i muri so’ impregnati non solo di storia e tradizioni ma delle spore di que’ lieviti senza i quali pe’ fa’ partire
    La bollitura bisogna ricorrere in gran copia a quelli di busta. Anni fa c’ è stata una grandinata a turbine che ha ridotto morte vigne della vallata ai legno ma ora la situazione è stata recuperata che non semo gente da fassi mette in ginocchioni nemmeno da l’ artissimo.
    A chi si affacciasse su questi poggi io dico artro che crete e cretini lasciate perdere quelle terre brulle e aride
    E venite e ritornate a piedi della Consuma innanzi ai monte Giovi. Concludo con un consiglio quando vu’ sete qui in agriturismo o robe di’ genere fatevi fa’ un be’ piatto
    di rape da foglia lesse ripassate in padella co’ i bardiccio
    (presidio slow fudde) e Chianti Pomino o Nipozzano dietro a scroscio poi mi direte…
    Concludo con un antico proverbio fiorentino
    Pane di Prato vino di Pomino
    Potta senese e cazzo fiorentino

  2. Roberto Pinzani aka manunta

    Siccome i che ho detto un mi basta
    Vi dico ora della tradizione
    Che dentro questa valle l’è rimasta
    Della quale mi ergo io campione
    Guardatela pe’ quant’ essa è vasta
    Qui non ci venne sofisticazione
    La storia qui non hanno messo all’ asta
    Viva la produzione di Pomino
    Che disseto’ i popol fiorentino

    Rime rozze ma veraci come le genti di qui e poi so’
    Endecasillabi come da tradizione toscana e non
    Ottonari sciapi da poeti professionali
    Roberto Pinzani Aka Manunta di Jago stianti

  3. Grazie Roberto per le belle parole, aspetto i prossimi graditi commenti!

  4. Roberto Pinzani aka manunta

    Sergio che lepre a corre invitasti
    Ti fo una rubrica pe i coppiere
    A rima in pochi ci semo rimasti
    Ti canterò le storie del buon bere
    Chetammi non c’è né uno che basti
    specie dopo qualche bon bicchiere
    I mia son della valle di Pomino
    Anche se sono nato fiorentino

  5. Grazie Roberto per le rime. Effettivamente sarebbe simpatica una rubrica di rime in vernacolo o anche in italiano, sul vino o anche su altri piaceri della vita. Salute!

    • Roberto Pinzani aka manunta

      Sergio si pò fare ma raccomandati alla tutelare
      Del santuario che io le sforno a mitraglia il cecchini lo piglio di tacco fra panzano e Pinzano
      No game

  6. Roberto Pinzani aka manunta

    E poi te ne dico un altra ultimo podere tenuto a mezzadria dai miei e stato Nipozzano non sulle terre dei marchesi ma su un podere della curia vescovile di Fiesole che il fattore del Frescobaldi averlo di tra i piedi era roba dimorto pesa. Dopo la chiesa e la sagrestia di Nipozzano dalla stessa parte della strada ci sono due o tre uscì uno di quelli era ingresso di casa Pinzani .Gino il mi nonno ultimo mezzadro della famiglia.Sicche del vino
    Ne so quarcosa anche senza ave fatto corsi . Però pe cantante le lodi bisogna avello prima sperimentato…………. Prima delle rime o della prosa……….

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