La doc Bolgheri non è una doc antica.

Bolgheri non ha una tradizione vitivinicola remota di qualità, i suoi terreni per secoli sono stati dedicati ai cereali e alla frutticultura.

I terreni prevalentemente pianeggianti e “comodi” da coltivare di solito venivano utilizzati per coltivare alimenti di prima necessità.

Di sicuro qualche vino qui lo produssero anche gli Etruschi, ma probabilmente non si trattò di vini straordinari.

Viale dei Cipressi

Qualche vigneto qua e là è stato messo a dimora certamente almeno dal 1600, ma nessun vino della zona è stato particolarmente considerato tra i grandi vini nell’antichità.

Plinio e Columella non citano questa zona tra quelle di eccellenza, Redi non ne parla nel ditirambo «Bacco in Toscana», atlante in rime dell’enologia toscana.

Nel 1716 non rientra tra le 4 zone «doc» del Bando di Cosimo III de’ Medici.

Bisogna arrivare alla prima metà del 1800 per trovare tracce tangibili di una viticoltura “interessante”, quando Guido Alberto della Gherardesca fece impiantare alcuni vigneti a Bolgheri.

In questa fase ci fu qualche attenzione in più alla qualità, ma era ancora la quantità a venire privilegiata.

Dopo la fillossera anche i nuovi impianti non si distinsero per produzioni particolarmente interessanti se non per le rese generose.

Quella dei conti della Gherardesca fu una famiglia potentissima in Pisa.

Essi esercitarono più volte il vicariato per conto della Repubblica di Pisa sui territori della maremma pisana a capo della fazione dei Raspanti insieme alla consorteria degli Appiani.

Molto nota la figura del Conte Ugolino della Gherardesca citato da Dante Alighieri nella Divina Commedia.

Ornellaia zona Bellaria

Ebbero il dominio di Bolgheri,  Donoratico, Montescudaio, Guardistallo, Riparbella, Settimo, Castagneto  e Segalari.

Praticamente tutti i terreni di Bolgheri appartenevano ai Della Gherardesca.

La figura chiave del successo dei vini di Bogheri fu quella di Mario Incisa della Rocchetta.

Il 2 novembre 1899 nacque a Roma, da Enrico Incisa della Rocchetta, nobile piemontese discendente dai Marchesi Aleramici e da Eleonora Chigi Albani della Rovere, nobile romana discendente dai Principi Chigi Albani della Rovere.

Mario Incisa della Rocchetta negli anni 20 studiava agronomia a Pisa ed era appassionato di cavalli e di vini.

Parlare di Mario Incisa della Rocchetta significa parlare di cavalli e di agronomia rispettosa del territorio.

Nel 1932 Mario si associò con Federico Tesio, probabilmente il più grande esperto di cavalli del XX secolo.

I cavalli che prima erano sotto il nome di Tesio, ora correvano come Tesio-Incisa, e successivamente avrebbero corso sotto i colori della Razza Dormello-Olgiata, nome derivato dalle due tenute dove i cavalli soggiornavano.

Il primo successo importante fu la vittoria di Nearco nel Grand Prix de Paris nel 1938 e tutti i vincitori del Prix de L’Arc de Triomphe dal 1994 al 2007 sono nella linea di discendenza maschile di Nearco.

Fu venduto per 60.000 sterline, un record per l’epoca, a un broker inglese.

Nearco

Sempre della scuderia Dormello Olgiata nel 1948 Tenerani vinse sia le Queen Elizabeth Stakes che la Goodwood Cup, mentre nel 1955 Botticelli vinse la Coppa d’oro di Ascot.

Il figlio di Tenerani fu Ribot.

Ribot fu sicuramente il cavallo che si avvicinò di più all’ideale che Tesio tanto cercava. Imbattuto in 16 corse, vinse le King George VI and Queen Elizabeth Stakes, e l’Arc de Triomphe ben due volte.

Il campo dei partenti dell’ Arc de triomphe del 1956 era considerato il più forte fino a quel momento. Tra gli sfidanti di Ribot vi erano i migliori cavalli provenienti dall’ Inghilterra, dalla Francia, dall’ Irlanda e dall’ America, ma per tutto quel talento messo contro di lui non ci fu partita.

Ribot polverizzò i suoi rivali nella dirittura, lasciandoli sul posto come un proiettile sparato da un fucile. Come un fulmine, vinse di sei lunghezze dal miglior tre anni inglese, Talgo, che aveva vinto il Derby Irlandese con lo stesso distacco

Molti presenti quel giorno ebbero l’impressione di aver visto il cavallo del secolo. Con quella vittoria, Ribot era diventato il metro col quale gli altri aspiranti dovevano misurarsi.

Nel 1970 Mario Incisa della Rocchetta ha pubblicato il libro    «La terra è viva, Appunti di scienza contadina per una via italiana all’agricoltura biologica».

La Terra è viva

Lo lessi tutto d’un fiato e secondo il mio parere rappresenta una pietra miliare dell’agricoltura biologica, in tempi in cui non era poi così di moda come oggi.

Nel 1959 Mario Incisa della Rocchetta decise di trasformare la sua riserva di caccia agli uccelli acquatici, costituita da circa 80 ettari di palude d’acqua dolce e circondata da 440 ettari tra bosco allagato, prati umidi, incolti, pascoli e coltivi, nel primo rifugio faunistico privato italiano. Nel 1966 nasce il WWF Italia, che mosse i primi passi proprio a Bolgheri grazie all’impulso dato dal Marchese Incisa e da Fulco Pratesi, fondatori dell’Associazione.

Come primo presidente del WWF Italia, Mario Incisa della Rocchetta invitò Filippo Duca di Edimburgo, presidente del WWF mondiale, a visitare Bolgheri.

Ribot

La svolta di Bolgheri

Il primo esperimento risale agli anni tra il 1921 e il 1925, quando, studente a Pisa e spesso ospite dei Duchi Salviati a Migliarino, Mario degustò un vino prodotto da una loro vigna ubicata sul monte di Vecchiano.

Quel vino aveva lo stesso inconfondibile “bouquet” di un vecchio Bordeaux da lui appena assaggiato a casa del nonno materno.

Il 18 ottobre 1930 Mario Incisa della Rocchetta sposa Clarice della Gherardesca.

Essendosi stabilito a Bolgheri, con sua moglie Clarice nella Tenuta San Guido sulla costa Tirrenica, sperimentò alcuni vitigni francesi (le cui barbatelle aveva recuperato dalla tenuta dei Duchi Salviati a Migliarino, e non dalla Francia) e concluse che il Cabernet aveva “il bouquet che ricercava”.

Nessuno prima di lui aveva mai pensato di fare un vino “bordolese” in Maremma, una zona sconosciuta sotto il punto di vista vinicolo.

Mario Incisa  ben presto si rese conto che invecchiando il vino migliorava considerevolmente. Come spesso accade con i vini di grande levatura, quelli che prima erano considerati difetti, col tempo si trasformarono in pregi.

L’annata del 1968 fu la prima ad essere messa sul mercato, con un’accoglienza degna di un Premier Cru Bordolese.

In pochissimi anni il Sassicaia conquista la ribalta imponendosi come il protagonista del rinascimento enologico Italiano e balzando ai vertici della produzione enologica nazionale e non solo.

tra le barriques di Sassicaia

La storia di questa zona, distesa ad anfiteatro tra Bolgheri e Castagneto Carducci, è per certi versi simile a quanto poi accaduto anche in altri territori italiani: un disciplinare che valorizzava dei vitigni ed un successo commerciale che ne premiava altri, classificati spesso come Vini da Tavola: un’anomalia.

La consacrazione a livello mondiale

Bolgheri balza al centro dell’attenzione enologica mondiale nella degustazione cieca organizzata a Londra dalla rivista Decanter, quando Hugh Jonhson  inserì il Sassicaia a sorpresa tra i 33 migliori cabernet del mondo e dove prevalse, con lo stupore generale, sui famosi chateaux bordolesi. In seguito fu grande il successo del Sassicaia 1985 e  sulla sua scia vini come l’Ornellaia, il Guado al Tasso, il Paleo, il Grattamacco, il Piastraia, il Masseto e via discorrendo.

Il Disciplinare

Con D.P.R. 1 agosto 1983 finalmente nasce il primo disciplinare della doc Bolgheri.

L’assemblea della Pubblica audizione, pur fra qualche perplessità e contrasto, approvò un testo di disciplinare di stampo abbastanza tradizionale e con grosse lacune. La tutela fu concessa a Sangiovese e Canaiolo, per le uve rosse, ma destinate alla sola produzione di vino rosato, a Trebbiano e Vermentino, per le uve bianche

La lacuna più evidente fu la mancata tutela del vino rosso.

Inoltre erano concessi la vinificazione e l’imbottigliamento fuori zona, francamente una scelta maldestra. Evidentemente la novità di una Denominazione di Origine Controllata ed il lustro che ne derivava sembrarono compensare i limiti tecnici del dettato del Disciplinare.

Il Nulla per i rossi

I grandi rossi, invece, furono costretti a continuare il loro cammino con la classificazione di “Vino da Tavola”.

Sul mercato internazionale la presenza di Vini da Tavola ad alto prezzo e di alta qualità, sconcertò non poco i consumatori ed i commentatori stranieri, in particolare quelli anglosassoni.

Per la loro mentalità pragmatica era inammissibile che vini di alto pregio non godessero della copertura di una D.O.C.

Per ovviare a questa anomalia i critici internazionali crearono la categoria di fantasia dei “SuperTuscan” Vedi ….

Un disciplinare scritto male

Con l’introduzione della Denominazione di Origine Controllata, dal 1984 al 1994 si evidenziarono quindi due tendenze produttive sul territorio castagnetano : i vini Bianchi e Rosati protetti dalla D.O.C. ed i vini da tavola classificati come “supertuscans”.

Masseto

I vini a denominazione di origine controllata si assestarono subito su di una produzione complessiva di 2500/3500 quintali prodotti da un gruppetto di vinificatori anch’esso variabile nel tempo (6-10 aziende con produzione abbastanza ripartita, salvo la concentrazione della produzione del Rosato in mano Antinori)

Nonostante queste produzioni i territori di Castagneto e Bolgheri non erano conosciuti per la loro vocazione alla qualità in quanto il Sassicaia veniva percepito come prodotto genericamente “toscano” a causa del tipo di distribuzione ed i vini a denominazione di origine, bianco e rosato, non avevano caratteristiche sufficiente per poter essere definiti vini di “terroir”.

Appare evidente che avere quei grandi vini all’interno della doc sarebbe stata una grande opportunità per valorizzare anche gli altri vini della zona, compresi bianchi e rosati.

Probabilmente l’unico vino legato alla zona di produzione era il Rosato Scalabrone di Antinori, precedentemente denominato, con grande successo, Rosé di Bolgheri (l’introduzione della D.O.C. ovviamente non permise di continuare ad usare questa fortunata etichetta).

Grattamacco Michele Satta ed altri

Diverso lo sviluppo dei vini da tavola : tra il 1978 ed il 1984 un piccolo gruppo di aziende, constatato il perfetto adattamento dei vitigni bordolesi al territorio, decise di iniziare una produzione di vini, sulla scia di quanto si percepisce intorno ai primi successi del Sassicaia.

Ornellaia

Quasi nessuno di questi produttori proveniva dal tessuto agricolo tradizionale, ma da nuove immigrazioni con diverse provenienze ed esperienze. Tra i primi, Piermario Meletti Cavallari si trasferisce a Castagneto dal nord Italia nel 1977 e crea il Podere Grattamacco.

Il Grattamacco Rosso vede la luce con l’annata 1982.

Michele Satta è un altro “uomo del nord” (anche se il cognome tradisce la sua origine sarda) che, trasferitosi qui come fattore, dà in seguito vita ad una propria azienda.

La tenuta Belvedere di Nicolò Antinori viene divisa tra Lodovico per divenire Tenuta Ornellaia, e Piero che, in seguito, rinomina la tenuta con il nome del suo vino più famoso, Guado al Tasso.

Gli anni 80 e 90

Ornellaia nasce nel 1981 , ma la prima annata ufficiale è il 1985

Sempre Ornellaia presenta l’annata 1986 di Ornellaia Merlot, che dal 1987 si chiamerà Masseto e che in seguito, nel 2017 diventerà un’azienda autonoma chiamata appunto Masseto e che agli inizi degli anni 2000 si imporrà come il vino italiano ai vertici delle classifiche internazionali che combinano prezzo di mercato e prestigio dei vini.

Nel 1989 nasce il Paleo de Le Macchiole  e il resto è storia recentissima.

1994 finalmente un disciplinare più razionale

La legge 164 del 10 febbraio 1992 «Nuova disciplina delle denominazioni d’origine dei vini» istituisce le igt e stabilisce che i vini da tavola non possono più indicare l’annata di produzione.

Il DM 05.11.1994 modifica sostanzialmente il disciplinare della doc Bolgheri.

La riformulazione del Disciplinare fu complessa e vide anche la partecipazione del prof. Fregoni. Basandosi sulla convinzione che produzioni di vini con basse rese in uva, per ettaro, consentono di esaltare il carattere del “terroir”, il Disciplinare offriva molta elasticità nella proporzione tra i diversi vitigni ammessi e, per contro, definiva in modo rigido alcuni parametri produttivi. Tra questi la densità di piante per ettaro, la quantità di uve prodotta per ettaro e la quantità di uva prodotta per ceppo. Con la vendemmia 1994 entra in vigore il Disciplinare modificato che, seguendo il concetto della struttura piramidale delle zone di produzione, permette di produrre: Il Bolgheri Rosso; Il Bolgheri Superiore e Il Bolgheri Sassicaia.

Ornellaia 2011

Il nuovo disciplinare e le sue falle

Questi tre vini rossi ed il rosato traggono origine da uve: Cabernet Sauvignon (obbligatorio per almeno il 10% – massimo 80%). Merlot e Sangiovese (facoltativi), in percentuali variabili (da 0 a 70%).

Più tradizionale è il quadro del vino bianco, le cui tipologie approvate sono: Bolgheri Bianco, composto da Vermentino con aggiunte di Trebbiano e Sauvignon blanc.

Il disciplinare prevede che possano partecipare più vitigni, ma non ammette che il vino possa essere prodotto da uno solo dei vitigni previsti.

Chi resta fuori?

Con questo disciplinare gran parte della produzione della zona viene ricondotta sotto l’ombrello protettivo della doc, in definitiva senza grandi traumi.

Restano fuori vini come il Masseto e il Messorio (merlot in purezza nato proprio nel 1994) e più avanti anche  il Paleo (che nel 2001 diventa cabernet franc in purezza), non certo delle cenerentole, vini che possono dare più che prendere dalla doc Bolgheri.

Dopo la modifica del 1994 gli ettari iscritti all’albo della doc Bolgheri erano circa 250

Oggi sono 1.319 ettari e la doc è bloccata e per ora non può più aumentare la sua superficie.

Il consorzio per la tutela della doc

Il 14 dicembre 1995 si costituisce il Consorzio per la Tutela dei Vini Bolgheri DOC.

Il Consorzio adotta per simbolo il Viale dei Cipressi che unisce Bolgheri a San Guido. I sei chilometri di rettilineo, monumento nazionale di quasi tremila piante, furono ideati da Guidalberto della Gherardesca nella seconda metà dell’800 e vennero resi famosi dalla poesia di Giosuè Carducci “Davanti San Guido”.

Il Consorzio, la cui sede operativa è situata proprio sul famoso viale dei cipressi, riunisce le tre categorie professionali dei viticoltori, vinificatori e imbottigliatori coinvolti nella filiera di produzione dei vini Bolgheri DOC

È interessante rilevare che nella zona operano quasi esclusivamente viticoltori-imbottigliatori, che chiudono il ciclo di produzione di uva-vinificazione ed imbottigliamento, mentre sono assenti le cantine sociali e le realtà cooperative.

Le aziende associate costituiscono una larghissima maggioranza delle aziende operanti sul territorio, soprattutto in termini di quantità di vino imbottigliato e di superficie vitata, che è pari al 93%.

Tra le finalità istituzionali del Consorzio è ritenuta di grande importanza quella relativa alla ricerca ed alla possibilità di realizzare vigneti e strutture necessarie alla sperimentazione in campo ed in cantina per lo sviluppo ed il miglioramento continuo della qualità delle uve e dei vini. A questo proposito il Consorzio ha attuato due campagne di zonazione in collaborazione con l’Università Statale di Milano e con il Prof. Attilio Scienza.

Il 27 giugno 2006 il Consorzio ha provveduto ad apportare alcune modifiche al proprio statuto, al fine di adeguarsi ai dettami del D.M. 29/5/2001 relativi al piano dei controlli. Il Consorzio gode del riconoscimento ministeriale per la tutela e la vigilanza del prodotto da parte del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali ed è l’organo ufficiale, nonché unico, preposto alla tutela e promozione della DOC Bolgheri e DOC Bolgheri Sassicaia.

I vitigni realmente presenti nella doc

La superficie vitata è così suddivisa:

Cabernet Sauvignon 36,67%

Merlot 23,42%

Cabernet Franc 11,98%

Syrah 6,65%,

Petit Verdot 6,46%

Sangiovese 1,48%

Per le uve a bacca bianca:

Vermentino 8,84%

Viognier 1,43%

Sauvignon Blanc 0,59%.

Le modifiche successive alla DOC

Con 3 diversi DM: 14.06.2001; 21.03.2011 e 30.11.2011 finalmente arriviamo alla stesura definitiva che finalmente rettifica le inesattezze inziali e prevede anche il diritto alla doc per chi preferisce vinificare uno dei vitigni consentiti in purezza. Masseto, Messorio e Paleo non aderiscono e restano igt.

Il disciplinare definitivo

  1. La denominazione di origine controllata «Bolgheri» è riservata ai vini bianco, vermentino, sauvignon, rosato, rosso, rosso superiore, e Sassicaia.

2.La denominazione di origine controllata «Bolgheri» bianco è riservata al vino ottenuto dalle uve provenienti dai vigne aventi, nell’ambito aziendale, la seguente composizione ampelografica: Vermentino: da 0 al 70 %; Sauvignon: da 0 a 40 %; Trebbiano toscano: da 0 a 40 %. Possono concorrere altri vitigni con uve a bacca bianca, idonei alla coltivazione per la Regione Toscana, presenti nei vigneti da soli o congiuntamente fino ad un massimo del 30%.

  1. La denominazione di origine controllata «Bolgheri» Vermentino è riservata al vino proveniente dalle uve del vitigno Vermentino per almeno l’85%. Possono concorrere altri vitigni con uve a bacca bianca, idonei alla coltivazione per la Regione Toscana, presenti nei vigneti da soli o congiuntamente fino ad un massimo del 15%.
  2. La denominazione di origine controllata «Bolgheri» Sauvignon è riservata al vino proveniente dalle uve del vitigno Sauvignon per almeno l’85 %. Possono concorrere altri vitigni con uve a bacca bianca, idonei alla coltivazione per la Regione Toscana, presenti nei vigneti da soli o congiuntamente fino ad un massimo del 15%.
  3. La denominazione di origine controllata «Bolgheri» rosso, rosso superiore e rosato è riservata ai vini ottenuti dalle uve provenienti dai vigneti aventi nell’ambito aziendale, la seguente composizione ampelografica: Cabernet Sauvignon: da 0 al 100%; Merlot: da 0 al 100%; Cabernet Franc: da 0 al 100%; Syrah: da 0 al 50%; Sangiovese: da 0 al 50%. Possono concorrere altri vitigni con uve a bacca rossa, idonei alla coltivazione per la Regione Toscana, presenti nei vigneti da soli o congiuntamente fino ad un massimo del 30%.
  4. Le uve destinate alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata «Bolgheri» devono essere prodotte nell’ambito del territorio amministrativo del comune di Castagneto Carducci in provincia di Livorno ad esclusione dei territori ubicati ad ovest della s. s. Aurelia, vecchio tracciato.
  5. Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione dei vini a doc «Bolgheri» devono essere quelle tradizionali della zona e comunque atte a conferire alle uve e ai vini derivanti le specifiche caratteristiche di qualità.
  6. I sesti d’impianto, le forme di allevamento ed i sistemi di potatura devono essere quelli generalmente usati e comunque atti a non modificare le caratteristiche delle uve e dei vini. Sono esclusi i sistemi espansi.
  7. È vietata ogni pratica di forzatura. È ammessa l’irrigazione di soccorso.
  8. I vigneti impiantati o reimpiantati successivamente alla entrata in vigore del disciplinare approvato con Decreto ministeriale 21 marzo 2011 dovranno avere una densità di almeno 4500 ceppi per ettaro calcolati su sesto di impianto con distanza massima tra le file di 2,5 m.

……. omissis……….

La conformazione orografica particolare del territorio di Bolgheri ed i conseguenti caratteri agro climatici consentono una maturazione delle uve sempre regolare e completa. La variabilità dei suoli è il fattore fondamentale per garantire ai vini prodotti la complessità e la persistenza proprie dei vini di alta qualità. Qualità e caratteristiche dei vini di cui al presente disciplinare, come descritte sono confermate dai parametri analitici dei vini, che presentano, dal punto di vista analitico ed organolettico, caratteristiche con andamento positivo superiore ai minimi precauzionali previsti dal disciplinare, e permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.

La qualità dei vini dell’area di Bolgheri è sempre la risultante dell’azione combinata di un insieme di fattori generatori e che agiscono su diverse scale. Nella scelta delle aree di produzione vengono selezionati i terreni più adatti alla produzione di vini rossi e distinti da quelli più adatti alla produzione di vini bianchi. I fattori latitudinali, con i conseguenti effetti sulla ciclicità giornaliera e sulla radiazione solare, si combinano con i fattori orografici (pendenza, esposizione e giacitura) e l’effetto combinato dà origine al topoclima. Le variabilità topoclimatiche vengono costantemente monitorate.

La zonazione

Il lavoro di zonazione permise la formulazione del nuovo disciplinare del 1994 (poi proseguito dal 1997 in poi), e ci ha consegnato 9 unità vocazionali, con caratteristiche alquanto diverse, se non in alcuni casi molto disomogenee, più adatte al merlot, oppure al cabernet sauvignon, piuttosto che al sangiovese, il quale, leggendo i dati, non sembrerebbe trovare da queste parti i migliori terroir per valorizzare le proprie caratteristiche. Accattapane, Grascete, Greppi Cupi, Macchiole, Segalari, Sassicaia, Ornellaia, Casavecchia, Porcarecce. Questi i nomi ai quali associare i vitigni che meglio si adattano dopo anni di studi che hanno scandagliato terreni, esposizioni e microclimi attraverso microvinificazioni che hanno incrociato cloni e portainnesti diversi. Il cabernet sauvignon evidenzia prestazioni tra l’ottimo ed il buono un po’ ovunque, tranne che a Casavecchia; il merlot è più disomogeneo, ottimo a Casavecchia, Ornellaia e Grascete, molto meno ad Accattapane, Segalari e Porcarecce, ed infine il sangiovese, mai ottimo e solo buono in tre unità vocazionali (Accattapane, Segalari e Casavecchia) e solo discreto nelle restanti.

Geografia e clima

L’area di produzione corre parallela alle spiagge della Costa toscana situate in provincia di Livorno, nel Comune di Castagneto Carducci. Ad est le Colline Metallifere alle spalle di Bolgheri e Castagneto proteggono i vigneti dai venti invernali. In estate, invece, questo corridoio è percorso da venti rinfrescanti che si generano tra le valli del fiume Cecina a nord e del torrente Cornia a sud.

I vigneti più qualitativi si trovano tutti ai piedi delle colline e nella pianura tra Bolgheri e la zona sud di Castagneto. Le correnti che provengono dal mare e le discrete escursioni termiche di agosto e settembre provocano delle maturazioni lente e regolari di tutte le componenti qualitative dell’uva, zuccheri, polifenoli e aromi, e contribuiscono a mantenere alta l’acidità, necessaria per dare equilibrio e freschezza ai vini.

Il microclima di Bolgheri si avvale anche di una forte luminosità: oltre a quella diretta del sole, si ha un effetto di riflessione da parte dello specchio di mare situato ad ovest.

La temperatura media annua è di circa 14°C, con 18,6°C da aprile a settembre, 7,5°C da dicembre a gennaio e di 24°C in agosto. La piovosità media annua è di circa 600 mm., con piogge statisticamente ben distribuite: più abbondanti durante lo sviluppo vegetativo, meno frequenti durante la maturazione del frutto, poi di nuovo abbondanti dopo la vendemmia. Il mese più secco è luglio.

Geologia

I terreni di Bolgheri hanno una grande variabilità in un ambito piuttosto ristretto.

Vi sono dei terreni alluvionali, di origine fluviale, con ciottoli tondi depositati dagli antichi corsi d’acqua.

Il nome Sassicaia deriva proprio da questa caratteristica.

Vi sono terreni di origine marina, con sabbie eoliche, dei calcari e delle argille. E ancora rocce vulcaniche provenienti dalle Colline Metallifere ad est. Troviamo così suoli argillosi, argillo-sabbiosi o sabbiosi-argillosi, argillo-limosi, o completamente sabbiosi.

Le riserve d’acqua e gli elementi nutritivi variano così di molto da una zona all’altra. Questi suoli si trovano disposti su terrazze a diversi livelli, cosicché la struttura generale riesce mediamente a mantenere l’umidità in profondità, restituendola nei periodi siccitosi.

Si possono individuare tre grandi zone: le colline, la zona intermedia e la zona più vicina al mare. Sulle colline si trovano i depositi alluvionali più antichi. L’alluvione ciottolosa è inoltre caratterizzata da una buona presenza di ossido di ferro. In basso i depositi fluviali sono più giovani e si mescolano, ad ovest, con quelli marini.

Anche i bianchi raggiungono l’eccellenza

Molti tentativi di eccellere con i bianchi.

Il Poggio alle Gazze dell’Ornellaia negli anni 90.

Il Grattamacco bianco e poi Ornellaia bianco che in pochi anni ha raggiunto il vertice dei bianchi italiani.

Ornellaia bianco

I vini più importanti: Liv-ex Power 100

Nell’indice che considera i vini più scambiati nel mondo, messi in fila, secondo punteggi, quote di mercato, prezzi.

Le posizioni di vertice sono tutte di Bordeaux e Borgogna, ma con la Borgogna in enorme crescita e Bordeaux in continuo calo.

I primi italiani sono Masseto (di Bolgheri anche se non doc per le ragioni già illustrate) che occupa la 20° posizione, il Sassicaia in 33° posizione, Gaia in 56° posizione, Solaia 80° e Ornellaia 86°. Dunque 3 dei 5 italiani sono di Bolgheri.

I vini nella top 100 di Wine Spectator

Ornellaia 1998 Primo vino al mondo

Masseto 2001 100 punti e 6° vino al mondo

Ornellaia 2004 7° vino al mondo

Sassicaia 1985 99 punti

A prescindere dai giudizi dei critici possiamo dire che il pubblico ha riconosciuto ai vini di Bolgheri una posizione di assoluto prestigio mondiale.

Allora non posso fare altro che sollevarne un calice alla vostra

SALUTE!

 

 

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