Grenache a Chateau La Nerthe

Grenache a Chateau La Nerthe

Come è noto il Cannonau è lo stesso vitigno coltivato in Francia con il nome Grenache e in Spagna con il nome Garnacha.
Per anni si è pensato che il vitigno fosse arrivato in Sardegna dalla Spagna nel 1400.
Ultimamente nuovi studi, nuove ricerche e nuove tecnologie hanno di fatto proposto una rivoluzione copernicana, secondo la quale sarebbe la Sardegna il luogo di origine di questo meraviglioso vitigno, ma cerchiamo di fare ordine.
Un bel ceppo di Cannonau in Barbagia

Un bel ceppo di Cannonau in Barbagia


Ormai le ricerche nel campo della genetica confermano con certezza l’identità di alcuni vitigni che hanno assunto nomi diversi nei diversi luoghi, ma che possono essere ricondotti tutti alla stessa cultivar.
Oltre ai nomi già citati molti sono i sinonimi: Alicante in Toscana e in Sicilia, Tai rosso (già Tocai rosso) in Veneto, Gamay di Perugia in Umbria, Vernaccia a Serrapetrona nelle Marche, Guarnaccia in altre zone ed altri nomi simili.
Leggendo sui siti e ascoltando lezioni di docenti per sommelier di varie associazioni si leggono ed ascoltano storie ormai ampiamente superate dai fatti.
“Il vitigno più coltivato al mondo”, “certamente di origine spagnola”, “arrivato in Sardegna dalla Spagna” ecc.
I fatti però sono fatti, quindi andiamo sempre a verificare dati oggettivi e pubblicazioni scientifiche quando disponibili.
Con 184.735 ettari nel 2010 (ultimo dato ufficiale disponibile) è il 7° vitigno più coltivato al mondo; il trend non è esattamente positivo, anzi è decisamente negativo. Solo 10 anni prima, nel 2000, con 213.987 ettari era il 3° vitigno più coltivato al mondo e nel 1990 era al secondo posto con ben 282.997 ettari coltivati.
Comunque sembra che questa tendenza negativa si sia arrestata e il vitigno rappresenta ancora oggi il 4% della superficie vitata mondiale, dunque un vitigno cardine di tutta l’enologia mondiale.
Il vigneto la Crau piantato a Grenache nel 1898

Il vigneto la Crau piantato a Grenache nel 1898


Ho già scritto che è il vitigno più coltivato in Sardegna, ma anche il più coltivato in Côtes du Rhône , il 2° in tutta la Francia e il 4° in Spagna, 2° in Tunisia e 3° in Algeria.
Grandi vini come Chateau Rayas (uno dei pochi Grenache in purezza di altissimo livello); Turriga (anche se non è Cannonau in purezza);Bodegas Alto Moncayo Campo de Borja testimoniano la grande qualità potenziale del vitigno.
Più fonti, sia storiche che frutto della ricerca genetica, portano alla conclusione che il vitigno sia originario della Sardegna.
I primi dati interessanti sono emersi nel 2004, grazie alle ricerche condotte dal Dott. Gianni Lovicu per conto del Cras (Centro regionale agrario sperimentale), insieme al dipartimento di scienze dell’ambiente e del territorio dell’università Bicocca di Milano.
Dalle loro ricerche emerge che in Sardegna sino da tempi remotissimi, i Shardana domesticarono la vite. Lo testimoniano ad esempio i vinaccioli conservati dal tempo e ritrovati durante scavi archeologici in zone come Villanovaforru, Villanovafranca o il Nuraghe Arrubiu di Orroli.
Dai loro studi deriva la quasi assoluta certezza riguardo al Cannonau, la cui origine sarda sarebbe testimoniata da diversi particolari, ma poi sono venute fuori altre conferme.
Gianni Lovicu ha anche rilevato che in paesi come l’America o le isole Canarie di Cannonau non c’è traccia e già questo fatto è singolare, in quanto la Garnacha, appena 20 anni fa, era il vitigno a bacca rossa più coltivato in Spagna e sarebbe strano che se fosse esistito in Spagna ai tempi della conquista dell’America i conquistadores avessero esportato tanti altri vitigni e non la Garnacha stessa.
Anche il nome Garnacha riconduce alla Sardegna, plausibilmente deriva da Vernaccia, nome usato in Sardegna da secoli e di chiara origine latina.
Vernaccia deriverebbe da “vernaculus” che in latino significa “nato nel luogo” dunque autoctono.
Di fatto i romani che presumibilmente non conoscevano il Cannonau tra i vitigni rossi e la Vernaccia tra i vitigni bianchi, quando conquistarono la Sardegna li chiamarono “Vernaculus” nome poi rimasto ovunque al bianco e anche al rosso, ma a quest’ultimo praticamente ovunque fuori dalla Sardegna.
Grenache a Chateau La Nerthe

Grenache a Chateau La Nerthe


Contemporaneamente agli studi del Cras hanno avuto inizio gli scavi per la costruzione di una strada provinciale nella provincia di Oristano, dove nei pressi del sito nuragico di “Sa Osa” nel territorio comunale di Cabras, nella golena del Tirso, sono venuti alla luce interessanti reperti archeologici risalenti all’epoca nuragica, nella media età del bronzo.
Le diverse strutture restituite alla luce nascondevano un tesoro biologico, ovvero dei pozzi scavati nella roccia dagli abitanti preistorici per conservare gli alimenti. Queste strutture, alte tra i 4,5 e i 6 metri, erano dei veri e propri antenati del moderno frigorifero, che grazie al notevole isolamento termico, hanno trasmesso integri fino a oggi diversi materiali organici, vegetali e animali, destinati all’alimentazione: vinaccioli, noci, nocciole, semi di fico, pigne da pinoli, leguminose, carne di cervo e pesce. Un bel colpo di fortuna dal punto di vista archeologico che ha consentito di effettuare interessantissimi studi genetici.
Questo straordinario ritrovamento ha consentito ai paleobotanici del Centro per la Conservazione Biodiversità, grazie a un paziente lavoro di ricerca e confronto, di pubblicare dei risultati che hanno scientificamente confermato le ipotesi avanzate dal gruppo del Cras e dell’Università milanese.
Vinaccioli di 3200 o 3300 anni fa

Vinaccioli di 3200 o 3300 anni fa


Secondo Gianluigi Bacchetta, , direttore scientifico del Centro Conservazione Biodiversità, si tratta di un ritrovamento eccezionale anche per lo stato di conservazione di questi prodotti: praticamente perfetti, grazie all’assenza di ossigeno e alla forte umidità.
Tecnicamente i reperti organici sono arrivati a noi così come sono stati posti nei pozzi oltre 3 millenni fa.
I vinaccioli trovati nel “protofrigorifero” sono oltre 15mila e il CCB in collaborazione con la Soprintendenza per i Beni Archeologici per le province di Cagliari e Oristano, ha datato i reperti con l’ausilio del Carbonio14, certificandoli come risalenti a oltre 3.000 anni fa, periodo di massimo splendore della civiltà nuragica.
scavi a Sa Osa

scavi a Sa Osa


Circa gli scavi a Sa Osa “il settore meridionale, che a differenza di quello settentrionale si presentava quasi completamente ricoperto dai depositi archeologici, era crivellato da fosse di piccole e medie dimensioni e da pozzi e pozzetti cilindroidi. Almeno una parte di queste cavità, create per diverse funzioni originarie (p. es. abitazione, cava di materiale, approvvigionamento idrico, ecc.), potrebbero essere divenute nel tempo discariche o riserve di viveri. Intorno alle diverse cavità sono emersi ampi tratti di suoli d’occupazione, non chiaramente riferibili a definiti spazi d’uso interni o esterni alle abitazioni, con focolari, piastre di concotto e concentrazioni di materiale archeologico. Si può pensare che i diversi spazi fossero separati da palizzate o altri elementi vegetali, ma solo pochissime buche di palo sono state individuate.
Lo scavo stratigrafico dei riempimenti delle cavità descritte ha consentito il recupero di una grande abbondanza di materiali archeologici, in grande prevalenza ceramica e ossa, ma anche elementi litici e metallici. Sono di gran lunga prevalenti i contesti nuragici dal Bronzo Medio al Bronzo Finale-Primo Ferro, ma non mancano contesti ed elementi sporadici prenuragici della faciescalcolitica Sub-Ozieri e del Bronzo Antico.
Tra tutte le cavità, due hanno rivelato situazioni di speciale interesse. Il pozzetto K, poco profondo e chiuso da una lastra con foro circolare, non era adibito all’approvvigionamento idrico ma a riserva di cibo; infatti esso ha restituito lo scheletro intero di un cervo maschio, scuoiato ma non macellato, evidentemente rimasto sigillato dai sedimenti fluviali a seguito di un’inondazione. Gli scarsi frammenti ceramici assegnano il deposito al Bronzo Finale-Primo Ferro.
Il pozzo N, molto più profondo e ancor oggi alimentato dalla falda idrica, ha restituito una gran quantità di recipienti ceramici ricomponibili e di materiali organici perfettamente conservati in quanto perennemente immersi nell’acqua di falda: frammenti di pesci, frammenti di legno e di sughero grezzo e lavorato, semi di uva, fico, cereali, legumi, probabilmente anche olivo e prugna. Il materiale ceramico si ascrive a una fase avanzata del Bronzo Recente. Due campioni di semi d’uva sono stati datati col radiocarbonio al periodo 1270-1150 a. C. (datazione calibrata a doppio sigma). Ciò suggerisce che il pozzo, originariamente impiegato per l’approvvigionamento idrico dell’insediamento, sia stato convertito in magazzino per la conservazione di derrate alimentari.” (fonte Direzione Generale Archeologia Beni Culturali).
il Nuraghe 1 dei duos Nuraghes  costruito 4000 anni fa

il Nuraghe 1 dei duos Nuraghes costruito 4000 anni fa


Questa scoperta prova che la viticoltura come la conosciamo noi oggi era già nota agli abitanti della Sardegna ben prima dell’arrivo di Romani e Fenici.
Infatti i fenici giunsero sull’isola non prima del IX secolo a. C.
D’altronde i culti di Dioniso erano assai diffusi nell’isola, e pratiche religiose di tipo orgiastico venivano celebrate da un capo all’altro dell’isola, tantissimi i ritrovamenti archeologici tematici nell’isola da Cagliari a Tharros, a Bosa.
Altri ritrovamenti archeologici in diverse località della Sardegna, come a Borore nel sito nuragico ‘Duos Nuraghes’, sono stati ritrovati semi di vite risalenti al 1300 avanti Cristo.
Tornando ai ritrovamenti di “ Sa Osa” , grazie alla perfetta conservazione si è potuto risalire anche ai vitigni.
Alcuni semi appartenevano a un tipo di vite selvatica tuttora esistente in Sardegna, mentre altri portavano caratteri intermedi tra questa e le moderne cultivar di vitis vinifera, in particolare questi risultano geneticamente compatibili con la Vernaccia e la Malvasia.
La convergenza è confermata anche da quanto emerso negli scavi presso il nuraghe di Villanovaforru, dove la morfologia dei vinaccioli, secondo il bioarcheologo francese Philippe Marinval, ci dice che si tratta di una vite dai caratteri intermedi tra la vite selvatica e, molto probabilmente il Cannonau.
Inoltre anche il Monastrell spagnolo, in Francia chiamato Mourvèdre, secondo ricerche simili, dovrebbe derivare dal sardo Muristellu.
Villanovaforru XV secolo a.C.

Villanovaforru XV secolo a.C.


Gli antichi sardi quindi conoscevano la domesticazione della vite e la viticoltura, ma altri indizi ci portano a credere che conoscessero bene anche la vinificazione. Un altro ritrovamento, questa volta nei pressi di Monastir, in provincia di Cagliari, è stato trovato un antico torchio nuragico, età del bronzo quindi, probabilmente utilizzato per fare il vino.
Ancora un indizio: il ritrovamento di recipienti vinari in bronzo, da trasporto certamente provenienti dalla Sardegna, le cosiddette «zit a», un po’ dappertutto nel Mediterraneo occidentale, fino a Cartagine.
Le fonti storiche e letterarie spagnole indicano senza dubbio che il Garnacha, fino al XVII secolo, in Spagna è vino bianco.
La prima volta che compare il nome Cannonau, con riferimento a un vitigno, su un documento ufficiale, è in un atto del 21 ottobre 1549 del notaio Bernardino Coni, con sede a Cagliari.
La prima citazione del Garnacha (vino “tinto”) in Spagna è di un dizionario del 1734. Cioè, le prime notizie sulla produzione del vino rosso Garnacha sono del XVIII secolo (1734).
Le attestazioni di produzione in Sardegna di vino Cannonau anticipano di due secoli quelle spagnole. Inoltre, trattati spagnoli di ampelografia del XIX secolo ci informano che l’uva rossa Garnacha, conosciuta solo in Aragona, viene diffusa solo dopo l’arrivo dell’oidio, al quale questa varietà si dimostra particolarmente resistente.
Bel ceppo di Garnacha in Spagna

Bel ceppo di Garnacha in Spagna


La serie di indizi, oltre ad alcune prove inconfutabili, lasciano pensare che il Cannonau sia nato in Sardegna e poi portato dagli spagnoli in Spagna e nel mezzogiorno della Francia, dove ha avuto un successo altrettanto straordinario.
Caratteristiche fisiche.
Foglia: di media grandezza, orbicolare, trilobata, raramente pentalobata; seno peziolare a lira, aperto, mediamente profondo, seni laterali superiori ellissoidali, chiusi o semichiusi, poco profondi; seni laterali inferiori mancanti o a V, semichiusi, poco profondi.
La pagina superiore è glabra, verde, la pagina inferiore è glabra; superficie liscia; lobi spioventi; angoli alla sommità del lobo retti o leggermente ottusi; nervature principali sulla pagina inferiore di colore verde-giallastro, glabre o con rari peli sparsi.
Dentellatura regolare con denti di media grandezza, a margini leggermente carenati, a base di media larghezza.
Picciolo: di media lunghezza o quasi corto, di media grossezza, verde leggermente sfumato di rosa, glabro.
Gigondas
Colorazione autunnale delle foglie: assumono un colore giallastro, più o meno sfumato e screziato di rosso-cremisi.
Grappolo: media grandezza, serrato o semi-serrato , conico o cilindro-conico, qualche volta alato, peduncolo di media grandezza, verde, semi-legnoso; peduncolo di media lunghezza, di medio spessore.
Acino: medio, rotondo o sub-rotondo, sezione trasversale regolare; buccia sottile e consistente, di colore nero-violaceo, molto pruinosa, ombelico mediamente evidente; polpa sciolta, a sapore neutro, succo leggermente colorato in rosa; separazione dell’acino dal peduncolo regolare.
Vinaccioli: da 1 a 3 per acino, piccoli, un po’ panciuti, becco regolare e calaza ovale.
I cloni più utilizzati in Francia sono: 70; 134; 135; 136; 137; 139; 224; 287; 362; 432; 433; 434; 435; 513; 514; 515; 516; 517; 814; 1064 e 1065.
foglia

foglia


La Sardegna secondo questi studi rappresenta una delle culle dell’enologia.
Brindo con i miei lettori ed un bel calice di cannonau.
Salute!
Turriga

Turriga

This article has 11 comments

  1. salute…….salute..cannonau.

  2. Interessante notare che anche un altro vitigno ha un nome riconducibile al termine vernaculus dell’antica Roma. La Schiava che in Alto Adige si chiama Vernatsch

  3. Il Cannonau, ma anche il Grenache sembrano predisposti a vivere a lungo, infatti si trovano molte vecchie vigne sia in Sardegna che nella zona di Avignone.

    • Vero esistono molte vecchie vigne di Cannonau e Grenache, spesso innestate su piede americano, ma esistono anche alcuni casi di franco di piede vecchie vigne. A Randazzo, sull’Etna il più grande vigneto franco di piede esistente in Italia, 40 ettari coltivati appunto ad Alicante……

  4. Allo specifico interesse possiamo aggiungere: non si finisce mai di…stupirsi.

    Enrico Grassi

  5. Interessante articolo, non so cosa ne pensano gli spagnoli che declamano l’origine di questo vitigno. Una sola precisazione, il Tai Rosso (già Tocai Rosso) si trova solo in Veneto, conosciuto come Tai Rosso di Barbarano.

    • Grazie Alessandro per il contributo, ovviamente gli spagnoli possono pensare ciò che vogliono, non è colpa di nessuno se la genetica dimostra dei fatti oggettivi, poi ognuno trae le conclusioni che vuole. Giusta la precisazione sul Tai rosso che è veneto e non friulano. Provvedo a correggere e intanto prendo atto e chiedo scusa per la grave inesattezza. Il Tai rosso è veneto. Salute

  6. Pingback: Cannonau – einst wild und rau, jetzt rund und strukturiert | Sardinien auf den Tisch

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