Il vitigno Rkatsiteli è un vitigno a bacca bianca, è da secoli uno dei vitigni più coltivati al mondo, anche se in Italia non è molto conosciuto.
I dati più recenti parlano di 58.641 ettari, che lo pongono al 16° posto tra i vitigni più coltivati al mondo, ma appena 20 anni fa, con 280.569 ettari, era il terzo vitigno più coltivato al mondo, allora gli ettari vitati a Rkatsiteli erano più del doppio di quelli coltivati a Cabernet Sauvignon!
Oggi è ancora il vitigno più coltivato in Georgia, con uno share del 52,8%, ma anche il più coltivato in Armenia e in Ucraina, il secondo in Moldova, il sesto in Bulgaria e comunque tra i più coltivati anche in Russia, in Azerbaijan e in Romania.
Negli anni 90 è stato introdotto anche negli U.S.A.
Inoltre è coltivato in Cina, dove è noto con il nome di Baiyu.

Un grappolo di Rkatsiteli

Un grappolo di Rkatsiteli


Gli studiosi ritengono che abbia avuto origine nelle montagne del Caucaso al confine tra l’Armenia e la Turchia.
Gli storici ritengono che questo vitigno esisteva in Georgia già più di 5000 anni fa.
Il famoso vino georgiano Tsinandali è prodotto principalmente dal vitigno Rkatsiteli, oltre che dal Mtsvane.
Un produttore, Vaziani, produce ininterrottamente vini da questo vitigno dal 1886.
Il Rkatsiteli si caratterizza per i suoi mosti dotati di una buona acidità, piacevoli sentori floreali e speziati, piuttosto aromatico.
Dal Rkatsiteli si ottengono vini secchi, dolci e vini spumanti.
Vari studi genetici condotti tra gli altri da F. Grassi, M. Labra, S. Imazio, R. Ocete Rubio, O. Failla, A. Scienza, F. Sala, in particolare “ Phylogeographical structure and conservation genetics of wild grapevine” hanno sostenuto che il Rkatsiteli è strettamente legato alla varietà selvatica locale WT19KSPI presente nella zona di Lekhura dalla cui domesticazione potrebbe derivare.
In Georgia, patria del Rkatsiteli, si utilizzano ancora tecnologie molto antiche per la produzione dei vini, questo permette di capire in parte i sapori del passato e potrebbe aprirci nuovi orizzonti nella degustazione dei vini.
Il metodo più utilizzato per vinificare il Rkatsiteli è chiamato “Kakheti”, perché è il metodo di vinificazione nato nell’omonima regione o Qvervi dal nome dell’anfora in georgiano.
Qvevri

Qvevri


Il 4 dicembre 2013 l’ Unesco ha riconosciuto il metodo tradizionale di vinificazione georgiano nelle anfore, Qvevri, come patrimonio intangibile dell’umanità.
Il riconoscimento è avvenuto nel corso dell’ottava sessione del Comitato Intergovernativo per la Protezione del Patrimonio a Baku, in Azerbaijan.
Sul sito dell’Unesco questa tradizione georgiana viene descritta così: “Il metodo di vinificazione Qvevri prende il nome dal particolare vaso di terracotta ovale – il Qvevri – in cui il vino fermenta ed è riposto nei villaggi e nelle città in tutta la Georgia.
Non esistono, a quanto pare, documenti scritti, ma questo metodo di vinificazione tradizionale è stato tramandato dalle famiglie, da genitore a figlio, per millenni e probabilmente anche tramite le canzoni
Della vendemmia.

In Italia non è difficile reperire il Rkatsiteli Grand Cru “Tsarapi”, che viene vinificato con il metodo “Kakheti”,che in questo caso prevede una fermentazione di 6 mesi in Anfora, poi un travaso e quindi altri 12 mesi sempre in anfora.
Il vino è estremo, non limpido, aranciato nel colore, tannino nervoso, mineralità estrema.
Non è un vino per tutti, ma un’esperienza organolettica nuova per i nostri palati, comunque interessante e affascinante, un tuffo nel passato remoto.

Rkatsiteli grand cru Tsarapi

Rkatsiteli grand cru Tsarapi


Il Rkatsiteli è un vitigno che preferisce giaciture su suoli calcarei.

Il successo di questo vitigno è dovuto ad alcuni suoi pregi oggettivi. Innanzitutto si tratta di una varietà particolarmente resistente al freddo, e nel Caucaso il clima è continentale.
La seconda caratteristica positiva del Rkatsiteli è la sua grande capacità di mantenere una buona acidità, anche nelle estati più calde. A parte i vini ottenuti da vinificazioni estreme, il Rkatsiteli può dare anche vini freschi, con croccanti sentori di pomacee e di pesca bianca.
Esiste un’azienda in Georgia, Alaverdi Monastery 1011, un Monastero che sostiene di produrre vino Rkatsiteli ininterrottamente dal 1011. Quello della fotografia è un Khikhvi, altro vitigno autoctono georgiano, ma al Monastero Alaverdi (dal nome del Sacerdote venuto qui dalla Mesopotamia nel 1011) vinificano le uve di 102 vitigni diversi.

Alaverdi

Alaverdi


Recentemente ho avuto l’opportunità di degustare un Rkatsiteli (non in purezza) in occasione dell’evento “Le terracotte e il vino” a Impruneta nel novembre scorso, quando ho degustato Gotsa wine, un classico esempio di rispetto della tradizione con un occhio al presente.
L’etimologia di Rkatsiteli sembrerebbe derivare da Rka (sparo) e tsiteli (rosso). Questo si riferisce probabilmente al peduncolo che curiosamente è rosso come nel Refosco dal Peduncolo Rosso.
I Vivai Rauscedo allevano 4 cloni di Rkatsiteli: VCR104*, VCR105*, VCR106*, VCR107*.
Tra i meriti del Rkatsiteli, c’è quello di avere generato in alcuni produttori italiani la curiosità verso la vinificazione in Anfora interrata, creando un nuovo modo di produrre vini, ma molto antico.
Con un calice di Rkatsiteli-Grand Cru Tsarapi o con un calice di Alaverdi Monastery 1011, Rkatsiteli brindo alla vostra salute!

This article has 5 comments

  1. Roberto Pinzani aka manunta

    Lo vedrei bene sulla montagnola senese da abbinassi con le recenti introduzioni d.i bolllitura e affinazione in orci di terracotta prodotti in Umbria e altrove anche da noi in toscana (Impruneta)così si otterrebbe corrispondenza di terreno clima è soprattutto modalità di vinificazione
    Simili alla tradizione del paese di Medea.Il risultato
    Da mano etrusca penso sarebbe meno rozzo.
    Di quello colchico

  2. Roberto Pinzani aka manunta

    Il legno per tini e botti non nasce col vino ma solo dopo
    I contatti con popolazioni celtiche (che lo usavano per cervogia e sidro) prese campo in Europa .Anche da noi in
    Passato si usava la terracotta.E la predominanza del rovere e assai recente prima specie per la bollitura in toscana predominava il castagno nelle colline e spesso
    Il gelso nelle pianure. non esistendo idropulitrici a vapore e bisolfiti la pulizia e manutenzione delle botti
    E dei tini era fondamentale per le buone riuscite.
    Poi venne vetrocemento vetroresina e ora acciaio inox
    Spesso termocontrollato . Ma la terracotta essendo traspirante permette microossigenazione e non cede tannini al vino lasciandolo tal quale esso nasce in natura
    Certo che con l’ industrializzazione delle cantine non può avere grande diffusione . Ma se i grandi Quattrinai si degnassero almeno di fare piccole produzioni sarebbe
    Un arma in più per far vedere ai francesi che biodiversita
    E attinenza filologica al passato a noi c’è la possono solo invidiare

  3. Grazie Roberto i suoi contributi sono sempre preziosi, in rima e in prosa.

  4. Roberto sabato e domenica scorsi a Impruneta c’è stata la manifestazione : La terracotta e il vino, io quest’anno non ho trovato il tempo per andare a degustare, ma lo considero comunque un appuntamento interessante.

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