Si può parlare di biodiversità viticola vedendo il problema da diverse angolazioni.
Io oggi voglio affrontarlo in funzione della diversità dei vini disponibili sul mercato in quantità accettabile.
Prenderò in esame i 12 paesi con la più estesa superficie vitata del mondo, che insieme rappresentano oltre l’80% della superficie vitata mondiale, ma anche se estendessimo l’analisi ad altri paesi scopriremmo che il risultato non cambierebbe.
Dove voglio arrivare? A dati precisi circa i vitigni più coltivati nei diversi paesi e alla biodiversità dedotta.
Parlo di biodiversità concreta, non di giochi da collezionisti, belli ed encomiabili, ma poi poco concreti rispetto al reale consumo di vino.
Certo, la differenza la fanno i luoghi prima dei vitigni, ma partire da una base ampelografica molto più vasta significa comunque offrire vini “diversi”.
Propongo 3 diversi livelli di rilevazione del dato: primi 3 vitigni, primi 5 vitigni e primi 10 vitigni.
Partiamo dalla Spagna, il paese che detiene la maggiore superficie vitata del pianeta.
Con i 3 vitigni più coltivati arriva a oltre il 53% del totale, in pratica oltre 1 vino su 2 in Spagna è prodotta da Airen, Tempranillo o Bovale, solo uno dei 3 è alloctono, se è vero che il Bovale arriva dalla Sardegna.
Con i primi 5 vitigni, cioè aggiungendo Garnacha e Monastrell, si arriva al 65%. Con i primi 10 vitigni al 79%.
Il secondo paese per superficie vitata è la Francia. Nel paese transalpino sommando le superfici vitate dei primi 3 vitigni si arriva al 35%, si tratta del Merlot, del Grenache e del Trebbiano toscano, ben 2 dei quali sono chiaramente alloctoni!
Se aggiungiamo Syrah e Cabernet Sauvignon arriviamo a circa il 50%. Una curiosità: appena 10 anni fa il terzo vitigno più coltivato era il Manzuelo che oggi è al sesto posto.
Con i primi 10 vitigni si arriva al 72%. Per i più curiosi oltre ai 6 già citati abbiamo: Chardonnay, Cabernet Franc, Gamay e Pinot noir.
Veniamo al terzo grande paese, l’Italia. In realtà con questi 3 paesi copriamo la grande parte superficie del vigneto mondo, gli altri, dal quarto in poi hanno gli spiccioli.
In Italia con i primi 3 vitigni, Sangiovese, Montepulciano e Catarratto coprono il 23% della superficie totale, sono tutti autoctoni e hanno tutti una prevalenza regionale, rispettivamente in Toscana, Abruzzo e Sicilia.
Aggiungendo Merlot e Trebbiano toscano si arriva al 30%. Mentre con i primi 10 al 45% e con i primi 20 si supera di poco il 50%. Per i curiosi le posizioni dalla sesta alla decima competono a: Barbera, Chardonnay, Glera, Pinot grigio e Nero d’Avola.
Stati Uniti. Qui i primi 3 vitigni coprono il 43% e sono rispettivamente Chardonnay, Cabernet sauvignon e Merlot. Ovviamente tutti alloctoni. Con i primi 5 si arriva al 58%. Il quarto è il Primitivo e il quinto il Pinot noir.
Con i primi 10 negli USA copriamo il 78% del vigneto.
Questi gli altri 5: Colombard, Syrah, Concord (primo degli autoctoni, non essendo vitis vinifera in Italia non può essere vinificato per produrre vino), Sauvignon e Pinot grigio.
L’Argentina con i primi 3 vitigni arriva al 39% del totale, si tratta rispettivamente del Malbech, Cereza e Douce noire. Aggiungendo Criolla Grande e Cabernet sauvignon si arriva al 55%.
Con le prime 10 varietà si copre il 79% del vigneto argentino.
Quali sono gli altri cinque?
Syrah, Pedro Gimenez, Torrontes, Moscatel rosada e Chardonnay.
In Romania con i primi 3 vitigni siamo al 23%, Feteasca alba, Feteasca regala e Merlot. Con le prime 5 varietà, cioè aggiungendo Grasevina e Aligoté si giunge al 32%, mentre con i primi 10 si va al 45%. Dunque anche la Romania ha una buona biodivestità, sebbene con superfici evidentemente molto basse. Basti pensare che il sesto vitigno in Romania è il Sauvignon con 3000 ettari, mentre il sesti italiano è il Barbera che sul mercato mondiale si vede, occupando quasi 27 mila ettari.
In Portogallo i primi 3 vitigni occupano il 24% del totale: Tempranillo, Touriga franca e Castelao. Salendo a 5, cioè con in aggiunta Touriga nacional e Fernao Pires, si sale al 36% del vigneto totale.
Con i primi 10 si arriva al 55%.
I primi 3 vitigni in Australia sono: Syrah, Chardonnay e Cabernet sauvignon, che insieme totalizzano il 64% del totale. Qui più che biodiversità possiamo parlare di “bioomologazione”.
Aggiungendo Merlot e Sauvignon si arriva al 75% e con i primi 10 si totalizza l’88%.
In Chile con i primi 3 vitigni si copre il 59% del totale, si tratta di Cabernet Sauvignon, Chardonnay e Sauvignon. Se aggiungiamo Merlot e Carmenère arriviamo al 77%. Con i primi 10 si copre il 93% del vigneto Cile.
In Germania i primi 3 vitigni sono rispettivamente il Riesling, il Muller Thuragau e il Dornfelder, che insieme coprono il 44% del vigneto tedesco. Se si aggiungono Pinot grigio e Pinot bianco si arriva al 52% e con i primi 10 si copre il 60% del vigneto tedesco.
L’undicesimo vigneto più esteso del mondo è quello del Sud Africa, dove Chenin blanc, Cabernet sauvignon e Colombard coprono il 42% del totale, mentre con l’aggiunta di Syrah e sauvignon si arriva al 62%. I primi 10 vitigni occupano l’87% del totale.
Per concludere i primi tre della Moldova, Aligoté, Rkatsiteli e Isabel (quest’ultimo è un ibrido vietato in Italia), occupano il 43% del totale. In 5, cioè con l’aggiunta di Sauvignon e Merlot, si arriva al 61% e in 10 occupano il 90% del totale.
Per curiosità cito il vigneto emergente per eccellenza, quello cinese, che cresce a vista d’occhio.
Bene in Cina secondo l’ultimo dato disponibile il Cabernet sauvignon occupa il 79% del totale e in 3, cioè con l’aggiunta di Merlot e Carmenère, si arriva al 93%.
Ecco dopo tanti numeri veniamo a una sintesi: nel mercato mondiale la biodiversità è garantita principalmente dal vigneto italiano.
In tutti i sensi, se parliamo di vini realmente presenti sul mercato internazionale, possiamo trovare in quantità più che ragionevoli anche vini italiani provenienti da almeno 120 vitigni diversi e comunque all’interno delle doc italiane sono ammessi bel 396 vitigni diversi, di cui 355 considerati autoctoni.
Prendendo il resto del mondo, non riusciamo ad arrivare a una quantità ragionevole se non con una trentina di vitigni!
Infatti prendendo per esempio i primi 20 vitigni coltivati in Italia solo 3 sono vitigni “internazionali” ben 19 superano i 10.000 ettari e il ventesimo vitigno, la Malvasia di Candia, occupa 8.637 ettari.
Questo patrimonio è stato solo in parte depauperato, ma oggi per fortuna non sembra a rischio, molti si stanno adoperando per il mantenimento e la valorizzazione dello stesso.
Per questo brindo con 100 vini diversi alla vostra salute!
Tags: Biodiversity
Ciao Sergio. Mi dicono che la superficie complessiva dei vigneti in Cina è arrivata a 800.000 ettari: se fosse vero la Cina sarebbe il secondo paese per superficie vitata, e se mantenesse l’attuale distribuzione di vitigni diventerebbe il maggior produttore di Cabernet Sauvignon, il che contribuirebbe ad allargare ulteriormente la forbice di prezzo fra i Cabernet diciamo popolari e i Cabernet buoni, ammesso che la Cina intenda esportarli.
Vero Fabio, anche io ho informazioni in questo senso, ma non esistono dati ufficiali che io sappia e comunque non cambia la sostanza, anzi si rafforza la necessità di biodiversità, visto che in Cina si pianta quasi esclusivamente Cabernet sauvignon.
sarebbe interessante, Signor Coppiere (e capisco che è un gran lavoro, ma magari per il prossimo articolo …) capire poi come queste percentuali (che, se ho ben capito, sono riferite a livello nazionale) si traducono a livello mondiale, almeno per i paesi più ‘vitati’ 😉
il dato è disponibile, presto lo pubblicherò.
Tó….ho imparato un altro nome per la bonarda :)…dopo un po ci si stufa dei soliti cabernet, merlot ecc ecc evviva la biodeiversita italiana…
Grazie Daniele e sempre evviva la biodiversità della viticoltura italiana!