La viticoltura sostenibile è importante e forse uno dei mezzi che potranno consentirla è rappresentato dai vitigni resistenti.

Oggi il problema più grande dell’umanità è rappresentato dai danni che il genere umano ha arrecato al pianeta e i cui effetti stanno diventando irreversibili.

Cercare di arrestare il danno all’ambiente è il compito, ormai non più rinviabile, di tutti noi.

C’è bisogno di grandi scelte, ma anche di piccoli gesti, in ogni campo, anche in viticoltura.

Certamente, sebbene i danni siano causati da altri, anche l’agricoltura può fare qualcosa, attraverso scelte coraggiose.

 

Inerbimento (immagine da informatoreagrario)

    L’impronta della viticoltura 

Ammetterlo ci costa fatica, ma la viticoltura ha partecipato, anche se solo per qualche aspetto, all’inquinamento del nostro pianeta.

I dati ci raccontano cinicamente che, pur rappresentando solamente il 3% della superficie agricola europea, utilizza il 65% di tutti i fungicidi impiegati in agricoltura, ovvero 68 mila tonnellate l’anno.

Va detto che molte aziende anche grandi, come quella che conosco meglio perché ci lavoro, stanno riducendo anno dopo anno le quantità di prodotti chimici.

Molti sono ammessi dai protocolli biologici e partecipano in misura minore ai danni da alterazione degli equilibri dei suoli, ma è importante cercare di ridurre anche questi.

In ogni caso lo scenario è preoccupante, al punto di spingere la commissione europea a emanare regole sempre più restrittive, con l’obiettivo di dimezzare l’uso dei presidi sanitari entro il 2025.

La viticoltura sostenibile è un dovere di noi tutti a tutela delle generazioni future.

L’obiettivo è chiaro: produrre vino cercando di preservare le risorse naturali per chi abiterà il pianeta dopo di noi e ricercare i metodi più efficaci atti ad ottenere il minor impatto possibile sull’ambiente.

Genericamente definiamo la sostenibilità della produzione vinicola “viticoltura integrata”, perché mette insieme i migliori metodi dei diversi ambiti: lotta biologica e non, sistemi agronomici, ecologia della vigna, riduzione degli sprechi.

Si tratta di un sistema in continua evoluzione che nasce ispirandosi alla viticoltura tradizionale, ma guarda e studia nuove vie per ottimizzare i risultati.

L’attenzione dei produttori e dei consumatori alla viticoltura biologica è in netta crescita in tutto il mondo.

Quali sono gli indicatori oggettivi della sostenibilità in viticoltura?

Cerchiamo di analizzarlo attraverso i principali progetti messi in atto in tutto il mondo.

Programmi per la viticoltura sostenibile

Esiste un progetto orientato alla sostenibilità della produzione vinicola, implementato in California ben 30 anni fa, nel 1992, si tratta del “Pest Management Programme”.

Tra i primi paesi che aderirono a importanti iniziative di sostenibilità furono gli Stati Uniti d’America con il “ California Sustainable Winegrowing”, costituito nel 2010 che oggi aggrega 171 aziende vinicole e 2.247 vigneti in California che sono “Certified California Sustainable Winegrowing (CCSW)”.

Anche l’ Australia con “ Entwine” e la Nuova Zelanda con il “Sustainable Winerowing” stanno lavorando in questa direzione.

In Cile nel 2011 è stato costituito il Sustentavid con lo stesso obiettivo.

Questi programmi prevedono l’adesione ad una serie di standard e codici volontari per la sostenibilità ambientale, sociale ed economica della produzione vitivinicola.

In Europa i programmi più rilevanti sono “ Vignerons en Developpement Durable” implementato in Francia nel 2010 che aggrega circa 6000 viticoltori indipendenti, i quali coltivano 31.800 ettari di vigneto.

In Italia il “V.i.v.a- Sustainable Wine” è un dettagliato Programma sviluppato dal Ministero dell’ambiente e della Tutela del territorio e del Mare.

 Il Programma V.i.v.a.

Al programma V.i.v.a., operativo dal 2011, partecipano oltre 200 soggetti, tra aziende (alcune delle quali anche molto grandi), comuni e università.

Il Ministero dell’Ambiente partecipa attivamente al Programma UE sull’Impronta Ambientale (PEF-Product Environmental Footprint e OEF-Organization Environmental Footprint), con un ruolo sia istituzionale sia tecnico, portando le esperienze nazionali sui tavoli europei e aggiornando i propri programmi tenendo conto degli sviluppi in ambito europeo.

Un esempio è il Regolamento per l’attuazione dello Schema nazionale volontario per la valutazione e la comunicazione dell’impronta ambientale dei prodotti, denominato “Made Green in Italy”, in attuazione dell’art. 21 della Legge n.221/2015 sulla green economy e l’efficienza delle risorse.

Questo Programma si basa sull’utilizzo di Quattro indicatori: aria, acqua, vigneto e territorio.

Gli indicatori sono stati sviluppati sulla base dei principali standard e norme internazionali.

L’applicazione degli indicatori è validata ogni due anni da un ente terzo di certificazione e consente ai produttori di elaborare effettive strategie per la riduzione degli impatti generati dalle attività aziendali.

                                                                                                        ARIA

L’indicatore ARIA esprime l’impatto che la produzione di uno specifico prodotto (CFP) e/o l’insieme delle attività aziendali (GHGI) hanno sul cambiamento climatico.

                                                                                                      ACQUA

L’impronta idrica esprime il volume totale di acqua dolce consumata e può essere riferita sia all’azienda nella sua totalità sia ad una singola bottiglia di vino da 0,75 l.

È un indicatore del consumo di acqua dolce che tiene conto dell’acqua consumata e inquinata in vigneto ed in cantina per la produzione del vino.

                                                                                                    VIGNETO

Questo indicatore prende in considerazione le pratiche di gestione agronomica del vigneto ed in particolare valuta l’utilizzo degli agrofarmaci e le relative conseguenze sui corpi idrici e sul suolo. Analizza inoltre gli aspetti legati alla biodiversità, alla gestione del suolo e alla fertilità.

L’indicatore può essere elaborato sia considerando l’intera superficie aziendale, che la superficie dedicata alla produzione di uno specifico prodotto.

                                                                                                  TERRITORIO

Nel panorama complessivo dell’agricoltura italiana, il paesaggio disegnato dalla coltivazione della vite ha una importanza fondamentale ed è già oggetto di tutela.

Tra gli esempi la zona del Prosecco nel Trevigiano, il Collio e Colli Orientali del Friuli o addirittura riconosciute come patrimonio dell’umanità come le Langhe, Roero e Monferrato e la Val d’Orcia con Montalcino.

Tenuta Castel Giocondo a Montalcino

 

                                                                                                                             DISCIPLINARE

Il Ministero della Transizione Ecologica, nell’ambito del progetto VIVA “La Sostenibilità della Vitivinicoltura in Italia”, con la collaborazione del:

  • Centro di Ricerca Opera per la sostenibilità in agricoltura dell’Università Cattolica del Sacro Cuore;
  • Centro di Competenza Agroinnova dell’Università di Torino (2011-2014).

Ha elaborato un disciplinare per la misura delle prestazioni di sostenibilità della filiera vite-vino. Il disciplinare è composto dai documenti tecnici per l’analisi dei quattro indicatori da parte delle aziende – ARIA, ACQUA, TERRITORIO E VIGNETO e dai relativi allegati, tra cui i documenti volti a disciplinare le procedure di verifica degli enti certificatori e l’uso dell’etichetta VIVA.

Al fine di uniformare il più possibile le metodologie di applicazione a livello nazionale e di permettere l’utilizzo del materiale messo a punto nell’ambito del progetto VIVA, il Ministero della Transizione Ecologica mette a disposizione dei richiedenti il disciplinare e gli eventuali successivi aggiornamenti sulla base dell’evoluzione delle normative europee ed internazionali in materia.

                                                                                             OBIETTIVI

Gli obiettivi del progetto VIVA “La Sostenibilità della Vitivinicoltura in Italia”, che mira a migliorare le prestazioni di sostenibilità della filiera vitivinicola attraverso l’analisi di quattro indicatori (Aria, Acqua, Territorio, Vigneto), sono:

  • Messa a punto di una metodologia di calcolo e valutazione della sostenibilità delle aziende vitivinicole e dei loro prodotti, dal campo al consumo, in grado di misurare la qualità ambientale della filiera vite-vino;
  • Sviluppare, con riferimento alla metodologia realizzata, un disciplinare specifico per l’analisi e la certificazione dei 4 indicatori, periodicamente aggiornato sulla base dell’evoluzione delle normative europee ed internazionali in materia;
  • Individuazione di misure di miglioramento delle prestazioni di sostenibilità in vigneto e in cantina anche attraverso la collaborazione con l’Unione Italiana Vini;
  • Comunicare in modo trasparente ed informare il consumatore finale attraverso un’etichetta consultabile da smartphonetablet nella quale sono resi noti i risultati e i miglioramenti, in termini di sostenibilità, raggiunti dai produttori che aderiscono al progetto;
  • Formare i tecnici aziendali ed i consulenti sull’applicazione degli indicatori VIVA al fine di supportare le aziende a valutare e migliorare le proprie prestazioni di sostenibilità nel tempo;
  • Fornire strumenti informatici di facile utilizzo per l’analisi degli indicatori Vigneto, Acqua e Territorio;
  • Collaborare e dialogare con le associazioni nazionali ed internazionali e gli stakeholdersper promuovere l’iniziativa a livello nazionale ed internazionale.

Il Programma valuta le performance di sostenibilità ambientale, economica e sociale dell’azienda vitivinicola e dei suoi prodotti, ma anche la comunicazione verso il consumatore per mezzo di una etichetta in cui è presente un codice QR che permette di valutare i risultati della azienda rispetto ai quattro indicatori specifici relativi al prodotto stesso.

Dettagli dell’indicatore Aria

La Carbon Foot Print (Emissioni GHG) dell’indicatore Aria esprime in g di CO2 equivalenti il totale delle emissioni di gas ad effetto serra associate direttamente o indirettamente all’intero ciclo di vita di una bottiglia di vino (0,75 L). Il valore complessivo viene ripartito nelle emissioni relative alla gestione del vigneto, alla trasformazione dell’uva in vino ed al suo imbottigliamento (cantina), alla fase di distribuzione delle bottiglie (distribuzione) e alla fase di refrigerazione e smaltimento del vetro, o riciclo.

Punto cardine della sostenibilità è il risparmio energetico che consente di ridurre l’emissione di CO2. Qui si agisce su diversi ambiti: dalla cantina ecologica che abbatte i consumi, alla diminuzione degli interventi nel vigneto, al basso impiego di tecnologia in cantina, all’uso di macchinari e corpi illuminanti a basso consumo energetico.

 

 Dettagli dell’indicatore ACQUA: Water Footprint

L’indicatore Acqua esprime il volume virtuale di acqua dolce associata alla produzione di un bicchiere di vino. Il volume complessivo viene ripartito nei consumi relativi all’uso di acqua piovana (acqua verde) e di acqua prelevata dai corpi idrici (acqua blu) e alla contaminazione dei corpi idrici derivante dalla gestione del vigneto e della cantina (acqua grigia). La gestione ottimale delle risorse idriche è uno dei punti essenziali perché un’attività sia sostenibile. La vigna non è particolarmente esigente in fatto di acqua, purché coltivata nell’ambiente adatto. In Italia sono vietate comunque pratiche di forzatura, salvo deroghe in stagioni particolarmente siccitose. I lavori di cantina invece comportano un alto consumo di acqua, soprattutto per la pulizia e l’igiene. Per contenere i consumi, si possono realizzare dei sistemi di raccolta e riciclo dell’acqua piovane. Inoltre, si possono installare depuratori per le acque reflue della cantina.

Water footprint

 Dettagli dell’indicatore Vigneto: Impatto Ambientale

L’indicatore Vigneto misura l’impatto ambientale delle pratiche di gestione agronomica quali l’utilizzo degli agrofarmaci ed il loro impatto su acqua, aria e suolo, la gestione del suolo (concimazione, sostanza organica, erosione, compattamento).  Analizza inoltre gli aspetti legati alla biodiversità, alla gestione del suolo e alla fertilità. L’indicatore può essere elaborato sia considerando l’intera superficie aziendale, che la superficie dedicata alla produzione di uno specifico prodotto. L’ecologia è lo studio di tutte le forme di vita presenti sulla superficie e nel suolo del vigneto (piante, animali, microorganismi) e le interconnessioni che si creano tra loro. Decenni di studi hanno evidenziato in maniera sempre più evidente l’importanza di una corretta gestione della vigna come ecosistema complesso, che favorisce il raggiungimento di un equilibrio stabile nel tempo. In un sistema ecologico integrato i vari attori intervengono in modo sostanziale nel ciclo dei nutrienti, nell’implementare la qualità del suolo, nel contenimento di parassiti e malattie. La biodiversità ha un peso rilevante non solo a livello ambientale ma anche a livello agronomico. La ricchezza di flora nella vigna e nei suoi dintorni favorisce la frequentazione del vigneto da parte di micro-fauna utile al contenimento dei parassiti della vite. I microorganismi del suolo (batteri, funghi e micorrize).

Sotto questo aspetto dunque dei risultati stanno arrivando, ma è comunque indispensabile agire su altri aspetti e portare avanti la ricerca sui vitigni resistenti. L’esigenza di ridurre l’utilizzo di prodotti chimici in agricoltura, impone scelte radicali, pertanto una delle misure da intraprendere da parte dei ricercatori e a caduta da parte dei viticoltori è rappresentata dalla creazione e poi dall’impiego delle varietà più resistenti a peronospora e oidio o almeno dalla valutazione di questa possibilità.

Certo capire bene i pro e i contro di ogni opzione ci permette di fare scelte razionali e non guidate dell’emozione di un momento.

Per esempio, anche in viticoltura, ferma restando la tutela dei vitigni in grado di esprimere le eccellenze di ciascuna realtà geografica, si può osare con la ricerca e l’utilizzo di vitigni in grado di ridurre l’impatto dell’uomo sulla terra.

La ricerca è fondamentale e in realtà per fortuna la ricerca non si ferma mai, nel campo oggetto di questo articolo in realtà la ricerca è iniziata con l’arrivo della fillossera, dell’oidio e della peronospora e la sperimentazione interspecifica non si è mai interrotta, con rallentamenti ed accelerazioni che si sono alternati.

Oggi è in corso un’accelerazione che sta portando risultati già molto interessanti e non escluderei sorprese anche in senso positivo, visto che le possibilità di combinazione genetica sono probabilmente infinite o quantomeno numerosissime, come vedremo di seguito in questa sintesi dello stato attuale e dei risultati finora ottenuti.

Il futuro di ieri sera è già oggi, dunque non è mai il caso di rinviare scelte che potrebbero rivelarsi molto utili per la tutela dell’ambiente in cui viviamo e in cui vivranno i nostri figli o comunque i nostri posteri.

 Individuazione dei vitigni resistenti oggi esistenti

Il primo passo in questo senso si sta realizzando attraverso l’individuazione dei vitigni resistenti oggi esistenti, cioè quei vitigni che richiedono l’assenza o almeno la riduzione dei trattamenti atti a difendere i frutti dagli attacchi soprattutto fungini (peronospora, oidio ecc.).

Il secondo passo, per fortuna già in corso di effettuazione, è rappresentato dalla realizzazione di incroci tra queste varietà per creare nuovi vitigni più resistenti.

        Incroci interspecifici

Il terzo passo, anche questo in corso da tempo è quello degli incroci interspecifici.

Gli incroci interspecifici sono ibridazioni, cioè la fecondazione fra specie di vite diverse ma geneticamente affini. Si mira ad ottenere nuovi vitigni che ereditino da un lato la resistenza ai funghi di alcune specie americane e asiatiche, dall’altro le qualità organolettiche della vite europea. Con l’utilizzo della tecnica dell’ibridazione, si possono ottenere un numero considerevole di ricombinazioni dei caratteri.

Tra i tanti incroci emergono i caratteri delle generazioni precedenti, il primo lavoro è quello di individuare i soggetti che manifestano i caratteri più interessanti dei vitigni da cui derivano. L’ibridazione è un lavoro lungo e complesso e richiede pazienza e meticolosità. Prima si deve eliminare la caliptra e gli stami presenti nel fiore, di conseguenza è possibile procedere alla fecondazione del fiore femminile con il polline selezionato. Una volta ottenuti i vinaccioli si classificano, per poi seminarli.

Quando le piante saranno cresciute si potrà capire quali soggetti hanno ereditato le caratteristiche di resistenza del genitore non Vitis Vinifera e contemporaneamente le caratteristiche di affidabilità dal punto di vista sia produttivo che ovviamente enologico. Non tutte, infatti, avranno ereditato la resistenza del genitore non europeo. Tra le prescelte, poi, non tutte offriranno lo stesso grado di affidabilità dal punto di vista viticolo ed enologico.

Un lavoro lungo e meticoloso, sono necessari almeno una quindicina di anni solo per arrivare ad ottenere un genotipo resistente.

Per fortuna le tecniche vanno via via perfezionandosi e di recente è stata messa a punto una nuova tecnica capace di individuare molte delle caratteristiche già dal seme.

La fase successiva prevede che il genotipo o i genotipi selezionato vengano moltiplicati per innesto fino a 500 esemplari per ogni genotipo e gli si dà un nome che inizialmente è un numero o una combinazione di numeri e lettere.

Le viti ottenute poi sono piantate in luoghi diversi e monitorate per ulteriori 5-10 anni, onde comprenderne   le potenzialità enologiche attraverso microvinificazioni dei frutti ottenuti.

Il panorama degli ibridi ottenibili è immenso, infatti si possono avere a disposizione ibridi: inter-familiari (rarissimi incroci tra due membri di diverse famiglie), inter-generici (incroci tra generi diversi, ad esempio di orchidee), inter-specifici (incroci tra specie diverse, ad esempio V. labrusca x V. vinifera L.), intra-specifici (incroci tra due sottospecie). Di particolare interesse agronomico sono gli incroci intraspecifici e gli incroci interspecifici. Dal 1800 sono stati effettuati incroci tra V. vinifera L. e viti selvatiche americane. Dal 1970 in poi l’incrocio tra V. vinifera L. e V. Amurensis (o sottospecie da essa derivate) ha prodotto vitigni resistenti o parzialmente resistenti alla peronospora, oidio e al freddo. In condizioni ottimali con piovosità inferiori a 1000 mm annui questi vitigni resistenti non hanno bisogno di trattamenti; quando si verificano annate climaticamente sfortunate sono sufficienti al massimo 2-3 interventi a base di rame (per la peronospora) e zolfo (per l’oidio).

In generale queste varietà non sono completamente immuni agli attacchi dei patogeni, ma hanno bisogno, se le condizioni sono critiche, di qualche trattamento. I primi risultati riguardanti varietà di vite ottenute con incrocio e selezione, resistenti alle crittogame e di buona qualità delle uve e dei vini sono stati ottenuti in Italia dall’Università di Udine e dai Vivai Cooperativi Rauscedo, in un programma di miglioramento genetico iniziato nel 1998.

La produzione di grandi vini è legata alla qualità delle uve, la quale con i cambiamenti climatici e l’incremento dell’inquinamento ambientale, risente in maniera significativa soprattutto per l’aspetto della sanità delle uve. L’implementazione di pratiche e condizioni culturali in grado di migliorare il microclima della chioma e la presenza di popolazioni di insetti e microrganismi è essenziale al raggiungimento della sanità delle uve, ma spesso questo non basta, l’utilizzo di fitosanitari rimane indispensabile per la maggior parte dei nostri vigneti.

Un uso moderato può aiutare il settore e proteggere il territorio. Gli studi sui vitigni resistenti hanno in conclusione lo scopo di ottenere:

Vitigni resistenti che possiedono un profilo aromatico e polifenolico (per i rossi) di qualità comparabile o superiore a quello del genitore di vinifera o della varietà di riferimento e comunque in linea con le esigenze del mercato.

Coniugare tradizione ed innovazione (tradizione data dal parentale di vinifera, l’innovazione dalla introgressione dei geni di resistenza).

Esprimere buone attitudini agronomiche (produttività, vigore, rusticità ecc.).

Permettere una tangibile riduzione dei trattamenti fitosanitari e dei relativi costi.

Consentire la realizzazione di vigneti ad elevata sostenibilità ambientale.

L’ingegneria genetica

Il quarto, e qui deve cadere un tabu, consiste nell’utilizzo dell’ingegneria genetica per consentire il miglioramento genetico delle varietà create.

I primi tre passi, non semplici, in parte già realizzati, consentiranno al tempo stesso di produrre quindi vini di alta qualità nel rispetto dell’ambiente circostante.

Più delicato il passaggio al quarto passo, oggi di fatto almeno ufficialmente non presente in viticoltura, ma stiamo alla finestra per capire cosa sta succedendo o è già successo.

La biologia molecolare, compresa anche l’ingegneria genetica, viene già impiegata in molti campi, oggi certamente in medicina, compresi ovviamente i vaccini, ma anche nell’agroalimentare e più o meno direttamente anche al vino, basti pensare ai lieviti. Lieviti geneticamente modificati si usano nella panetteria, nella produzione di formaggi e birra, sempre nell’intento di ottenere prodotti più interessanti. Nella birra per esempio, il fine è quello di ottenere una schiuma più densa o comunque fermentazioni più sicure. Alcuni ricercatori, attraverso l’ingegneria genetica, hanno reso il Saccharomyces cerevisiae capace di produrre sostanze impensabili, come addirittura i cannabinoidi.

Per la viticoltura sono stati messi a punto diversi ceppi di lieviti transgenici che mirano ad accrescere l’acidità, ad incrementare il Resveratrolo, a ridurre la formazione di SO2 e ad agevolare la produzione di aromi.
L’eventuale utilizzo in agricoltura di organismi geneticamente modificati  rappresenta oggi uno temi in grado di creare scontri tra i favorevoli e i contrari.
Una direttiva della Commissione europea, la “Proposta di regolamento del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 3448/93 sul regime di scambi per talune merci ottenute dalla trasformazione di prodotti agricoli”  votata favorevolmente (con alcuni emendamenti) dall’Europarlamento il 24 ottobre 2000, ha modificato la precedente direttiva del 1993 relativa alla commercializzazione dei materiali di moltiplicazione vegetativa della vite.
La nuova regolamentazione, con lo spirito di favorire la libera circolazione dei materiali di propagazione della vite nella Comunità, ha aggiornato le normative del settore in relazione a nuovi tipi di materiali, alla definizione di varietà, clone e genotipo, alla classificazione dei materiali, ecc..
Come è intuibile a creare attriti sono stati i riferimenti a viti geneticamente modificate.

Nella normativa non vi è alcuna autorizzazione a commerciarle.

Infatti la direttiva prevede l’adozione da parte degli Stati membri di “una lunga fase di sperimentazione di congrua durata per l’accertarsi che l’emissione
deliberata non comporti rischi per la salute dell’uomo e per l’ambiente”, che esse “siano chiaramente indicate come tali nel catalogo delle varietà”.
Dunque di fatto non è un via libera alle viti geneticamente modificate, anzi il testo contiene l’auspicio a “garantire la conservazione delle risorse genetiche”.

Ritengo che la tutela e la conservazione del patrimonio genetico, nel nostro caso di quello viticolo sia certamente importante e altrettanto certamente una priorità, ma ciò non esclude la possibilità e forse anche la necessità di portare avanti ricerche nel campo del miglioramento genetico.

Non prendo posizione e rispetto il parere di entrambe le parti, ma condanno le posizioni estreme che non ammettono ragioni. Il progresso passa attraverso la ricerca e se avessimo omesso di cercare una soluzione al problema della fillossera attraverso incroci interspecifici oggi forse non esisterebbe la viticoltura.
Sarebbe un errore ostacolare un dibattito costruttivo e rispettoso delle altrui posizioni, la ricerca deve andare avanti, basandosi su rigorose valutazioni scientifiche, rispettando la biodiversità e verificando scrupolosamente tutti gli aspetti nei tempi e nei modi più corretti.

 Analizziamo lo stato dei fatti per i primi 3 passi.

Nel 1999, a Einsiedeln in Svizzera, si è costituito un gruppo di lavoro internazionale per la promozione di vitigni resistenti alle malattie fungine.

Lo scopo del gruppo di lavoro è quello di scambiare conoscenze scientifiche e pratiche nel campo dei vitigni resistenti ai funghi a livello nazionale e internazionale e di fornire suggerimenti. Promuovere principalmente i professionisti attivi in questo settore. Tenere periodicamente conferenze o seminari, che devono principalmente affrontare la pratica della viticoltura, ma anche scienza e consulenza.

I vitigni transgenici non sono oggetto del gruppo di lavoro.

Il gruppo di lavoro si è costituito sotto forma di associazione ed ha creato il logo PiWi dove i vini PIWI sono vini di uve PI WI (“pilzwiderstandsfähig” in tedesco) resistenti alle malattie fungine.

Oggi nella scienza e nella ricerca si parla sempre più spesso di “Nuovi vitigni innovativi” in questo contesto.

Questi vitigni sono altamente resistenti alle malattie fungine e consentono una significativa riduzione dell’uso dei prodotti fitosanitari. Pertanto, questi vitigni robusti o innovativi sono un’alternativa ovvia alla protezione convenzionale delle colture intensive.

In viticoltura, una notevole quantità di pesticidi viene utilizzata contro i funghi della muffa (fungicidi) per prevenire possibili attacchi fungini e per garantire la raccolta.

Le viti PIWI, tuttavia, hanno un’alta resistenza alle malattie fungine e consentono una significativa riduzione dell’uso dei pesticidi di conseguenza riducono l’impatto negativo sull’ambiente.

Come nascono vitigni resistenti alla vite?

Le viti resistenti ai funghi sono state originariamente prodotte tramite Incroci fra Vitis vinifera e altre specie del genere Vitis.
Le eccellenti proprietà per l’alta qualità del vino delle viti nobili possono essere combinate con la resistenza delle viti americane.

Attraverso l’allevamento e la selezione mirati, vengono creati nuovi vitigni innovativi che consentono di rendere la viticoltura più sostenibile.

Non vengono applicati metodi di modificazione genetica nella realizzazione dei vitigni PiWi.

 Posizione dei maggiori paesi europei

In Germania Visto che il DNA è sostanzialmente di Vitis Vinifera (> 95%) allora è Vitis Vinifera e di conseguenza possono essere utilizzati per vini doc.

La Francia è contraria all’uso del nome del genitore «nobile» ed ha autorizzato dal 2018 l’utilizzo, anche se con precise limitazioni, nelle Aoc.

In Italia è necessario identificare bene che si tratta di vitigni con limitazioni alla vinificazione, a tutela del consumatore finale. No DOC e DOCG, accettabile IGT.

I vitigni resistenti ammessi in Italia

Ormai sono 36 i vitigni Piwi, in Italia i primi ad essere riconosciuti sono stati il Bronner a bacca bianca e il Regent a bacca rossa nel 2009.

Nel 2013 hanno fatto seguito il Cabernet Carbon, il Cabernet Cortis e il Prior a bacca rossa e Johanniter e Solaris a bacca bianca.

Nel 2014 si sono aggiunti 2 vitigni a bacca bianca: il Muscaris e il Souvignier gris.

Poi a partire dal 2015 si sono aggiunti gli altri.

                                                                                                                   Regent

è un vitigno a bacca nera creato nel 1967 (il primo in ordine cronologico) dal Professor Dr. Gerhardt Alleweldt all’istituto di Viticoltura di Geilweilerhof (Palatinato, Germania) incrociando le varietà Diana (tedesco) e lo Chambourcin. Lo Chambourchin è l’incrocio tra il Seyve Villard 12-417 (Seibel 6468 x Subereux ) x Seibel 7053. Prende il nome dal comune di Bougé-Chambalud nel dipartimento dell’Isère nel sud-est della Francia. Contiene geni delle specie americane Vitis labrusca, Vitis lincecumii e Vitis Rupestris oltre ovviamente a Vitis vinifera. Di vitigni chiamati Diana ne esistono 3 (uno americano, uno tedesco e uno bulgaro). In questo incrocio si è utilizzato il Diana tedesco, frutto dell’incrocio tra il Sylvaner e il Muller Thurgau. Il Müller-Thurgau è stato ottenuto dall’incrocio tra il Riesling e il Madeleine Royale. Molti hanno sostenuto a lungo che i suoi genitori fossero Riesling e Sylvaner, poi smentiti. Oltre che primo in ordine cronologico è primo anche quanto a superficie con 2.182 ha in Germania pari al 2% della superficie a vite di tutto il paese; diffuso anche in Bulgaria e Rep. Ceca, in Italia è presente in Alto Adige.

 

 

Regent (foto Alexander von Halem – Flickr)

                                                                       Poloskey Muskotaly

Varietà interspecifica a bacca bianca di origine ungherese, ottenuta dall incrocio di ZALAGYOENGYE X (GLORIA HUNGARIA X ERZSEBET KIRALYNE) nel 1967 dal ricercatore Szegedi Sandor
all’Istituto per la Viticoltura e l Enologia dell’Università agroindustriale e orticoltura di Budapest. Il suo albero genealogico abbastanza complesso vede tra i suoi antenati, vari Moscato, lo Chasselas, il Madeleine royale e molti altri. Vino di colore giallo ambrato chiaro con profumi caratteristici di moscato; sapore aromatico moscato, di struttura, equilibrato e di buona acidità. Si presta all’appassimento sulla pianta, in arelle, secco o dolce, fermo o spumantizzato. 

Poloskey Muskotaly

                                                              Bronner

Incrocio di uva da vino ottenuto in Germania nel 1975 presso l’Istituto di Ricerca di Friburgo. Varietà molto interessante per l’elevata qualità dei vini ottenuti e la resistenza alle malattie. Presenta molte analogie con lo Chardonnay. Inizialmente nominato FR 250-75) è stato originato incrociando (Seyve-Villard 5-276 x (Riesling x Pinot Grigio)) e (Zarya Severa x Saint Laurent).

Bronner

                                                                Johanniter

Il vitigno Johanniter venne ottenuto nel 1968 a Freiburg incrociando Riesling x ( Seyve-Villard 12-481 x (Ruländer x Gutedel)) ed è riconosciuta come varietà resistente alle principali malattie funginee. Il germoglio è aperto di colore giallo bronzato e con elevata presenza di peli striscianti. Vitigno medio sia nel germogliamento che nella fioritura. La foglia adulta è medio-piccola, pentalobata, bollosa, con seno peziolare a lobi mediamente sovrapposti e con le nervature principali rosse fino alla prima biforcazione. Grappolo cilindrico di media dimensione e compattezza. Acino medio, sferico di colore verde giallo.

Johanniter

                                                        Helios

Il vitigno Helios venne ottenuto nel 1973 a Freiburg incrociando Merzling x ( Seyve-Villard 12-481 x Müller Thurgau) ed è riconosciuta come varietà resistente alle principali malattie funginee. Il germoglio è aperto di colore verde e con media presenza di peli striscianti. Vitigno medio sia nel germogliamento che nella fioritura. La foglia adulta è medio-grande, trilobata, leggermente bollosa, con seno peziolare a lobi leggermente sovrapposti e con il punto peziolare rosso o al massimo fino alla prima biforcazione delle nervature principali. Grappolo di media dimensione e leggermente spargolo. Acino medio, sferico di colore verde giallo.

Helios

                                                           Solaris

Il vitigno Solaris venne ottenuto nel 1975 da Norbert Beker incrociando Merzling x ( Zarya severa x Muscat Ottonel) ed è riconosciuta come varietà resistente alle principali malattie funginee. Il germoglio è aperto di colore giallo bronzato e con elevata presenza di peli striscianti. Vitigno precoce sia nel germogliamento che nella fioritura. La foglia adulta è media, trilobata, leggermente bollosa, con seno peziolare a lobi leggermente sovrapposti.
Grappolo di media dimensione e compattezza. Acino medio piccolo, ellittico corto di colore verde giallo, intenso se esposto al sole.

Solaris

                 Cabernet Cortis

Il vitigno Cabernet Cortis n. venne ottenuto nel 1982 da Norbert Beker a Freiburg incrociando Cabernet sauvignon x Solaris (del Solaris ho già scritto) ed è riconosciuta come varietà resistente alle principali malattiefungine. Si contraddistingue per un ampio spettro di aromi, fortemente segnato da note fruttate. Profumi che ricordano il lampone e il ribes nerosono evidentemente presenti e possono anche essere unilateralmente dominanti.

Cabernet cortis

             Cabernet Carbon

Il vitigno Cabernet Carbon  venne ottenuto nel 1983 da Norbert Beker a Freiburg incrociando Cabernet sauvignon x (Merling x (Zarya Severa x Blazer St. Laurent)) ed è riconosciuta come varietà resistente alle principali malattie funginee. Il germoglio è aperto di colore verde e con media presenza di peli striscianti.
Vitigno mediamente precoce sia nel germogliamento che nella fioritura. La foglia adulta è medio-grande, tri-pentolobata, leggermente bollosa, con seno peziolare leggermente sovrapposto. Grappolo di medio grande dimensione, conico e mediamente spargolo. Acino medio piccolo, sferico di colore blu nero.

Cabernet carbon

                          Prior

Il vitigno Prior venne ottenuto nel 1987 da Norbert Beker a Freiburg incrociando (J.S. 234-16 x Bl. Spätburgunder) x (Merzling x (Zarya Severa x Blazer St. Laurent) ed è riconosciuta come
varietà resistente alle principali malattie funginee. Il germoglio è aperto di colore giallo e con debole presenza di peli striscianti.
Vitigno medio sia nel germogliamento che nella fioritura. La foglia adulta è medio-grande, trilobata, leggermente bollosa, con seno peziolare molto sovrapposto. Grappolo di medio grande dimensione, conico e mediamente compatto. Acino medio, ellittico lungo di colore blu nero.

Prior

 

                 Cabernet Eidos

chiamato anche 58-083 o Petit Cabernet è stato realizzato dall’Università di Udine e moltiplicato dai vivai Rauscedo.

Eidos è stato ottenuto dall’incrocio tra il Cabernet Sauvignon e il vitigno Bianca (il Bianca è un vitigno ottenuto nel 1963 nella regione vinicola di Eger, nel nord-est dell’Ungheria, ed è un incrocio ibrido di Bouvier ed Eger 2, derivato a sua volta dal Villard blanc).

Buona a eccellente resistenza alla peronospora. Buona resistenza invernale fino a -22 ° C.

Grazie all’elevata fertilità delle gemme di base adattabile a tutti i sistemi di viticci e di potatura.

Cabernet Eidos

                Cabernet Volos

chiamato anche UD. 32-078 come sopra è stato realizzato dall’incrocio tra il Cabernet Sauvgnon e il 20-3 (il 20-3 è stato ottenuto dall’incrocio tra lo Sremski Karlovci 77 4-5 che a sua volta è frutto dell’incrocio tra Kunbarat e Traminer) con  il vitigno Bianca (di cui ho parlato qualche riga più su). Il Kunbaràt è il frutto dell’incrocio tra un esemplare di vitis Amurensis e uno di vitis vinifera a sua volta ibridato con l’uva Italia. L’uva Italia fu ottenuta a Roma dal prof. Alberto Pirovano nel 1911 dall’incrocio tra il vitigno Bicane e il Moscato d’Amburgo. Questo vitigno è in grado di ottenere un eccellente accumulo di zucchero con una buona acidità. Il profilo aromatico è complesso con intense note fruttate che ricordano il genitore Cabernet Sauvignon. Il complesso polifenoli è di ottima qualità. Adatto per la produzione di vini che richiedono tempi di affinamento medio-lunghi grazie al loro alto contenuto di pigmenti intensi.

Cabernet Volos

                                  Julius

chiamato anche UD 36-030 è stato ottenuto dall’incrocio tra il vitigno Regent e il vitigno 20-3 del quale ho già scritto. Del Regent ho già scritto.  Il vitigno Julius è in grado di ottenere un eccellente accumulo di zucchero e acido nel mosto. Il profilo aromatico è molto positivo a causa dei composti glicosidici, che raggiungono un livello ottimale di intensità e carattere corposo. Ha una concentrazione superiore alla media di note floreali e fruttate.

Julius

                      Merlot Kanthus

chiamato anche UD. 31-122 ed è uno dei vitigni ottenuti dall’incrocio del Merlot con il 20-03. Il vitigno presenta un’ottima capacità di accumulo zuccherino pur mantenendo un buon livello di acidità nel mosto. Presenta un quadro aromatico dei composti liberi positivo con note piraziniche evidenti mentre i composti glicosidati sono nella media. Più che ottimo il quadro polifenolico in qualità, intensità e ampiezza, elevato il contenuto antocianico. Le sue caratteristiche lo indicano per la produzione di vini da medio-lungo affinamento.

Merlot Kanthus

Vino ottenuto da uve Merlot Kanthus

                    Merlot Khorus

questo incrocio, chiamato anche UD. 31-125 insieme ad altri è il frutto di oltre 12 anni di ricerca che ha visto impegnata la FEM (fondazione Edmund Mach), capitanata dal Prof. Marco Stefanini come coordinatore e il team di ricercatori composto da Giulia Betta, Marco Calovi, Andrea Campestrin, Cristian Chiettini, Silvano Clementi, Monica Dalla Serra, Cinzia Dorigatti, Daniela Nicolini, Tiziano Tomasi, Silvia Vezzulli, Monica Visentin, Alessandra Zatelli, Luca Zulini. A questi vanno aggiunti altri ricercatori FEM che si sono prestati per specifiche parti necessarie all’iscrizione. Merlot Khorus è un Vitigno a bacca rossa ottenuta dall’incrocio tra Merlot e 20-3, fratello del Merlot Kanthus. Si adatta molto bene a sistemi di potatura sia lunga che corta, grazie all’elevata fertilità basale. È necessario intervenire con potature verdi e spollonature per equilibrare la vegetazione, che spesso si presenta eccessivamente ricca. Sensibilità alle malattie e alle avversità: molto buona la resistenza alla Peronospora e buona resistenza all’oidio. Mediamente sensibile a botrite, marciume acido ed antracnosi in condizioni favorevoli alle malattie. Discreta la resistenza al freddo invernale fino a -20°C. Potenziale enologico: vitigno in grado di dare un ottimo accumulo zuccherino con una media acidità nel mosto. Il quadro aromatico esprime note di frutta rossa molto evidenti; ottimo il quadro polifenolico sia per quanto riguarda intensità, ampiezza e concentrazione degli antociani, che per la qualità dei tannini. Dà vini di colore rosso rubino intenso, leggermente violacei, di buon corpo e struttura, adatti al medio e prolungato invecchiamento.

Merlot Khorus

Vino da uve Merlot Khorus

                                        Nermantis

è un incrocio tra Teroldego e Merzling. Il Merzling è un vitigno a bacca bianca (anche Friburgo 993-60) è un incrocio tra Seyve-Villard 5276 (detto anche Seyval Blanc ) e un incrocio tra (Riesling e Pinot Grigio). Contiene geni di Vitis lincecumii, Vitis rupestris, e Vitis vinifera. L’incrocio degli ibridi (Merzling) è stato effettuato nel 1960 dal Dr. Johannes Zimmermann (1907-1998) presso l’Istituto statale di viticoltura di Friburgo (Baden-Württemberg). Il nome deriva dal distretto di Merzhausen a Friburgo, dove l’istituto possiede diversi vigneti di prova.

La sigla “F22p10” è da ora tradotta invece in Nermantis. Il naming di questo vitigno resistente nasce dall’unione delle parole “nera” e “manto” che descrive il colore scuro dell’acino dell’uva di questo nuovo vitigno.

Nermantis

                       Pinot Kors

varietà a bacca rossa ottenuta dall’incrocio tra Pinot nero e Kozma 99-1-48 (cod. UD. 156-537). Il Kozma è un incrocio interspecifico tra Sremski Karlovci 77 4-5 (Kunbarat x Traminer ) x Bianca. Contiene geni di Vitis amurensis,  Vitis berlandieri, Vitis rupestris, e Vitis vinifera, foglia piccola o media, cuneiforme con 5 lobi e seno peziolare a V.  Grappolo di dimensioni medie o medio-grande, conico, mediamente spargolo con 3-4 ali. Acino medio-piccolo, di forma sferoidale. La buccia è mediamente sottile con pruina media, di colore blu nero. La polpa è molle, di sapore neutro. Epoca di germogliamento: mediamente precoce. Epoca di fioritura: mediamente precoce. Epoca di maturazione dell’uva: media. Produzione: medio-elevata. Attitudini colturali: vitigno di elevata vigoria con portamento della vegetazione orizzontale. Necessita di interventi di potatura verde per alleggerire la massa vegetativa. Allevamento e potatura: si adatta alle diverse forme di allevamento e potatura preferendo comunque i sistemi tipo Guyot. Sensibilità alle malattie e alle avversità: ottima resistenza alla Peronospora (Rpv 12, Rpv 1) e all’oidio (Run 1). Potenziale enologico: il profilo sensoriale di Pinot Kors® è simile al parentale Pinot nero. Il quadro aromatico si apre con delicati sentori floreali che richiamano la rosa, per proseguire con intense note di frutti rossi e spezie. Più che ottimo il quadro polifenolico in qualità, intensità e ampiezza, elevato il contenuto antocianico. Queste caratteristiche lo predispongono alla produzione di vini da medio-lungo affinamento.

Pinot Kors

                                       Termantis

Varietà a bacca rossa con una buona tolleranza a peronospora ed oidio, ottenuto incrociando il Teroldego con il Merzling. Germoglia mediamente 104 giorni dall’inizio dell’anno.
Matura alle condizioni pedoclimatiche del fondovalle trentino verso la metà di settembre. Il grappolo ha una morfologia simile a quella del genitore nobile Teroldego e raggiunge su pergola i 350 g di peso. Leggermente più spargolo del “fratello” Nermantis.
Elevata componente antocianica colore rubino molto intenso porpora violaceo impenetrabile); al naso note di frutta rossa; in bocca in vini sono di buona struttura con piacevole persistenza tannica e struttura acidica equilibrata, adatto anche all’invecchiamento. La sigla “F22p09” si identifica con il vitigno Termantis: dall’unione delle prime lettere di Teroldego e Merzling nasce un nome per un vitigno “temerario”, che dimostra sempre resistenza e produttività.

Termantis

                                           31-103

l’incrocio Merlot x 20-3, fratello del Merlot Khorus si caratterizza per un profilo aromatico ben bilanciato, un’ottima stabilità cromatica ed un buon contenuto tannico che lo rendono adatto alla produzione di vini di medio invecchiamento.

31-103

                                      72-096

nasce dall’incrocio di SANGIOVESE X BIANCA, si caratterizza per germogliamento precoce, maturazione precoce e produttività medio bassa. Si contraddistingue per l’ampiezza del suo profilo aromatico e per le note floreali molto intense che lo rendono particolarmente adatto alla produzione di vini freschi e giovani. Ha raggiunto buoni tenori zuccherini (24,3°Brix) e di acidità titolabile (6,81 g/L).

72-096

                                                  Volturnis

varietà a bacca rossa ottenuta dall’incrocio tra Pinot nero e Kozma 99-1-48 (cod. UD. 156-312). Del Kozma 99-1-48 ho già parlato. A livello sensoriale, il vino Volturnis è simile alla varietà madre Pinot nero. Il profilo aromatico presenta intense note di frutti rossi maturi che ricordano le amarene e le fragoline di bosco, che si percepiscono anche nel retrogusto. Il profilo polifenolico è più che ottimo per qualità, intensità e rotondità oltre che per l’elevato contenuto di antociani. È utile per i vini di media e lunga maturazione. Il Volturnis è un vino rosso a maturazione precoce e resistente per la produzione di vino di qualità. Ottima resistenza alla peronospora, suscettibile alla peronospora in quanto non ha nessuno dei geni di resistenza relativa. Resistenza invernale con resistenza fino a -20 ° C. Adattabile a vari sistemi di potatura e spalliera, ma ottiene i migliori risultati sul Guyot

Volturnis

 

                       Charvir (F23P65)

è una varietà a bacca bianca selezionata per le sue caratteristiche di acidità e pH adatte alla produzione di basi e vini spumanti, è un incrocio tra Merzling e FR 945-60. Quest’ultimo è il frutto dell’incrocio tra FR 589-54 X FR 379-51, il FR 589-54 è stato ottenuto dall’incrocio tra Seyve Villard 12-481 e FR 153-39, come è facile intuire il Seyve Villard 12-481 è un vitigno interspecifico, infatti è stato ottenuto incrociando il SEIBEL 6468 X SEIBEL 6746. Sembra una caccia al tesoro, ma il Seibel 6468 è stato ottenuto dall’incrocio tra il SEIBEL 4614 X SEIBEL 3011 e quest’ultimo a quanto pare è estinto, ma sappiamo che è stato ottenuto dall’incrocio COUDERC 28-112 X DATTIER. Tornando al FR-153-39 scopriamo che è stato ottenuto dall’incrocio tra PINOT GRIGIO X CHASSELAS BIANCO. Tornando al genitore 2 del FR 945-60, cioè il FR 379-51 scopriamo che si tratta di un incrocio tra RIESLING e PINOT GRIGIO. A questo punto abbiamo svelato tutte le parentele dello Charvir. Un nome che rimarca le caratteristiche specifiche di questo vitigno, in particolare il riferimento alla produzione di vino base spumante con buone note fruttate, sapido e con struttura. L’iniziale Char riprende il termine Chardonnay, mentre “vir” (forma contratta di virdis ovvero verde in latino) si riferisce al colore della bacca, dai riflessi verdi.

Charvir

                             Fleurtai

è un incrocio del Tocai friulano X Kozma 20-3, solo per curiosità, per chi non lo sapesse, il Tocai Friulano, che ormai non si può più chiamare Tocai non è il Furmint, che ha uno dei genitori piuttosto illustre, si tratta del Gouais blanc, in tedesco si chiama Heunisch, cioè Unno ed è genitore di parecchi illustri vitigni come lo Chardonnay (vedi https://www.coppiere.it/2015/04/chardonnay-pregiato-i-vitigni-bacca-bianca-padre-nobile-madre-popolana/ ). Pertanto il Furmint è cugino dello Chardonnay. Sempre per curiosità, l’altro genitore del Furmint è l’Alba imputotato, vitigno romeno a sua volta frutto dell’incrocio presumibilmente naturale tra Sárfehér e Hamvas.  Il Sárfehér è un vitigno tutto femminile, ma meglio non divagare oltre. Mentre il Tocai friulano è il Sauvignonasse. Del vitigno Kozma 20-3 ho già parlato. Contiene geni di  Vitis amurensis, Vitis berlandieri, Vitis rupestris e Vitis vinifera. Il Fleurtai stato incrociato in Italia nel 2002 dagli allevatori Simone Diego Castellarin, Guido Cipriani e Gabriele Di Gaspero. La vite a maturazione precoce è resistente al gelo fino a -23°C e a entrambi i tipi di muffa. Viene coltivato in piccole quantità in Svizzera nel Canton Ticino. Buona capacità di stoccaggio dello zucchero e acidità media. Il profilo aromatico mostra una buona intensità di aromi liberi con note chiare di fiori bianchi e glicosidi con note di pera e mandorla, tipiche del genitore Tocai Friulano. Il gusto corposo è principalmente dovuto agli aromi fruttati e speziati, che sono stati molto apprezzati durante l’analisi sensoriale. È adatto per la produzione di vini giovani o vini con brevi periodi di affinamento.

Fleurtai

                        Kersus

varietà a bacca bianca ottenuta dall’incrocio tra SK‑00‑1/7 e Pinot bianco (cod. UD. 109‑052). SK sta certamente per Sremski Karlovci dunque è stato ottenuto in questa città della Serbia, è certamente un interspecifico, ma non sono riuscito a rintracciarne i genitori. Del Pinot bianco è certo che si tratti di una mutazione del Pinot nero. Foglia di dimensioni medie, orbicolare con 1-3 lobi e seno peziolare a { o V. Grappolo di dimensioni medio-grandi, cilindrico, compatto con una o senza ali. Acino medio/piccolo, di forma sferoidale. La buccia è mediamente spessa con pruina media, di colore verde-dorato. La polpa è molle, di sapore neutro. Ottima resistenza alla peronospora e buona resistenza all’oidio. Buona resistenza alle minime invernali fino a -20°C. A livello sensoriale il vino di Kersus® assomiglia allo Chardonnay con qualche nota di Pinot grigio. Il quadro aromatico presenta una elevata intensità di profumi floreali ed agrumati che sfociano nella frutta esotica. Si ottengono vini strutturati caratterizzati da intensi sentori fruttati dotati di notevole freschezza. Si presta alla produzione di vini da consumarsi giovani o con brevi periodi di affinamento.

Kersus

                               Pinot Iskra

come suo fratello Kersus è il frutto dell’incrocio tra SK-00-1 / 7 x Pinot bianco UD. 109-033. Foglia piccola, pentagonale con 3-5 lobi e seno peziolare a {. Grappolo medio o medio-piccolo, cilindrico, mediamente compatto con una-due ali piccole. Acino medio-piccolo, di forma sferoidale. La buccia è mediamente spessa con pruina debole, di colore verde-dorato. La polpa è molle, di sapore neutro. ottima resistenza alla Peronospora (Rpv 1, Rpv 12) e all’oidio (Run 1, Ren 3). Buona resistenza alle minime invernali fino a -20°C.A livello sensoriale il vino Pinot Iskra è molto simile alla varietà parentale Pinot bianco. Il profilo aromatico mostra una buona intensità di aromi fruttati-fermentativi, floreali e agrumati. Il vino ha una notevole freschezza e persistenza. È adatto per la produzione di vini spumanti di alta qualità o vini profumati con brevi periodi di affinamento.

Pinot Iskra

                        Sauvignon Kretos

varietà a bacca bianca ottenuta dall’incrocio tra Sauvignon e Kozma 20-3 (cod. UD. 76-026). Il Sauvignon è il frutto dell’ibridazione naturale tra il Savagnin e un altro vitigno di cui non si ha certezza, ma probabilmente si tratta del Traminer. I caratteri della foglia adulta sono simili a quelli rilevati per il parentale Sauvignon. Grappolo di dimensioni medio-grandi, conico, semi spargolo, con due ali pronunciate. Acino medio-piccolo, di forma sferoidale. La buccia è spessa con leggera pruina, di colore verde con riflessi dorati. La polpa è soda con sapore neutro. Buona resistenza alla peronospora (Rpv 12) e discreta all’oidio. Ridotta sensibilità alla botrite e al marciume acido e alle malattie secondarie. Resiste al freddo invernale fino a -22°C. buona capacità di accumulo zuccherino; nella media l’acidità fissa del mosto anche nelle estati calde e siccitose. Il profilo aromatico risulta essere di intensità e ampiezza media nei composti liberi, mentre l’intensità potenziale del quadro aromatico dei composti legati agli zuccheri è superiore alla media; questa varietà ricorda come profilo aromatico il Sauvignon e si presta alla produzione di vini giovani o da consumarsi dopo un breve periodo di affinamento.

Kretos

               Sauvignon Nepis®

Varietà a bacca bianca ottenuta dall’incrocio tra Sauvignon e Bianca (cod. UD. 55-098). Dei genitori si è già parlato. germoglio glabro privo di pigmentazione antocianica. Foglia di grandezza media, pentagonale, pentalobata con seno peziolare a lira chiusa. Il grappolo è corto, cilindrico, compatto, talora con 1 o 2 piccole ali. Acino piccolo, leggermente ellissoidale, con buccia di spessore medio, pruinosa. Polpa neutra, buona-ottima resistenza alla peronospora (Rpv 3) e all’oidio (Ren 3). Ridotta sensibilità alle malattie secondarie. Discreta la resistenza al freddo invernale fino a -20°C. buona capacità di accumulo zuccherino ed ottimo livello del complesso acidico anche in annate calde. Il profilo aromatico risulta essere molto positivo sia per i composti liberi che per i glicosidati. I vini presentano un profilo aromatico complesso tendente al fruttatofloreale con note speziate e con un buon tenore di pirazine che ricordano il Sauvignon. L’ampiezza dello spettro odoroso è leggermente superiore alla media e per le sue caratteristiche questa varietà si adatta alla produzione di vino di pronta beva o di breve-medio affinamento.

Sauvignon Nepis

                   Sauvignon Rytos®

Vitigno a bacca bianca ottenuta dall’incrocio tra Sauvignon e Bianca (cod. UD. 55-100). I caratteri della foglia sono simili a quelli rilevati per il parentale Sauvignon. Grappolo di lunghezza media, cilindrico, compatto. Raramente è presente una corta ala. Acino di piccole dimensioni, di forma ellissoidale. La buccia è sottile con pruina media, di colore verde con riflessi dorati. La polpa è di consistenza molle con sapore neutro. Ottima resistenza alla Peronospora (Rpv 3) e all’oidio (Ren 3). Sensibile alla botrite data l’elevata compattezza del grappolo e tollerante al black rot. Resistenza al freddo invernale fino a -23°C. buona la capacità di accumulo zuccherino, come pure il livello dell’acidità fissa nel mosto. I composti aromatici liberi e glicosidati risultano essere superiori alla media varietale ed esprimono sentori tropicali associati ad una spiccata mineralità. Questa varietà si presta a dare dei vini con un quadro aromatico caratterizzato da intensità e ampiezza potenziali più che positivi e molto complessi, adatti al consumo giovane e anche all’affinamento prolungato.

Sauvignon Rytos

                   Soreli®

Varietà a bacca bianca ottenuta dall’incrocio tra Tocai Friulano e Kozma 20-3 (cod. UD. 34-113); germoglio glabro, senza pigmentazione. Foglia di dimensione mediogrande, cuneiforme o orbicolare con seno peziolare a U. Grappolo di lunghezza superiore alla media, cilindrico, da mediamente compatto a semi-spargolo con due corte ali. Acino di piccole dimensioni, di forma sferoidale e uniforme. La buccia è spessa con pruina media, di colore verde con riflessi dorati. La polpa è leggermente soda, di sapore neutro. ottima resistenza alla peronospora (Rpv 12, Rpv 3) e buona resistenza all’oidio. Ridotta sensibilità alla botrite e al marciume acido. Attenzione a escoriosi e black rot. Ottima resistenza alle minime invernali fino a -24°C. Ottima la capacità di accumulo zuccherino, nella media il livello acidico anche nelle annate calde. Il profilo aromatico è intenso per i composti odorosi liberi, ma soprattutto per i glicosidati che esprimono sentori di tropicale, ananas e frutto della passione. Anche l’ampiezza aromatica è più che media; positivo il profilo sensoriale come pure la struttura e la gradevolezza. Questo vitigno si presta alla produzione, in taglio con il Fleurtai®, di vini di buona struttura, equilibrati da consumarsi dopo brevi periodi di affinamento e che ricordano il parentale Tocai Friulano.

Soreli

       Maris (UD 30-080)

Incrocio Sauvignon B x Kozma 20-3 (UD 30-080)si distingue per un profilo aromatico particolarmente positivo, che rispecchia i migliori Sauvignon; in particolar modo per l’ampiezza dei composti odorosi, sia liberi che glicosidati, che conferiscono al vino una notevole complessità ed intensità aromatica e lo rendono indicato per la produzione di vini che devono affrontare affinamenti anche piuttosto lunghi.

             Valnosia

sinonimo F26P92, la varietà è stata ottenuta per incrocio tra la varietà Bianca (parentale femminile) si cui abbiamo già parlato e la varietà Nosiola (parentale maschile). La varietà Bianca è una varietà ritenuta resistente a peronospora e parzialmente all’oidio già iscritta al registro nazionale dei vitigni per vino dell Ungheria e Germania. Quanto alla varietà Nosiola, secondo le analisi del DNA effettuate nel 2007, si tratta di un incrocio presumibilmente naturale tra la varietà vallesana Rèze x partner sconosciuto. Poiché Rèze è anche un genitore di Groppello di Revò (con sinonimo Nosiola Nero), questo spiega il sinonimo Groppello Bianco. C’è anche una relazione genetica con la varietà Bonda (che è a bacca rossa). Secondo un’ipotesi non verificabile, è un discendente dell’Uva Raetica menzionata da Plinio il vecchio https://www.coppiere.it/naturalis-historia/ , da cui veniva spremuto il famoso Raeticum. Il Rèze è un vitigno bianco è originario della regione di confine Italia-Svizzera. La varietà F26P92 è stata selezionata in quanto risulta maggiormente resistente alle malattie fungine peronospora e oidio e mantiene un livello qualitativo interessante. Il termine Val rimanda alla valle, al territorio e alla natura con un riferimento sottile alle vallate in cui è presente il Nosiola (Valle dei Laghi, Vallagarina, Valle del Sarca). La desinenza finale Nosia è una contrazione di Nosiola come ulteriore rimando al vitigno principale di origine. Vitigno a bacca bianca adatto alla produzione di vini freschi e leggermente aromatici a maturazione precoce (tipo Chardonnay). Note di nocciola e note di erbe aromatiche.

Valnosia

 

                   Souvignier Gris

Vitigno dalle ottime potenzialità, è un incrocio ottenuto in Germania nel 1983 presso l’Istituto di Ricerca di Friburgo. Per anni si è ritenuto fosse un incrocio di Cabernet sauvignon e Bronner, ma oggi sappiamo che è un incrocio tra Seyval x Zähringer. Lo Zähringer è stato ottenuto dall’incrocio ta il Gewurztraminer e il Riesling. Il vino che si ottiene sprigiona profumi tipici della varietà, è leggermente fruttato, minerale, con una buona struttura.

Souvignier gris

                    Muscaris

Il Muscaris è una varietà a bacca bianca resistente ai funghi e malattie classiche dlla vite quali peronospora e oidio, brevettata all’istituto Weinbauinstitut Freiburg grazie al lavoro di Norbert Becker nel 1987. Incrocio tra: Solaris (di chi abbiamo già parlato) X Muskateller (Muscat a petit grain blanc). Chiamato anche FR 493-87. Varietà caratterizzata dalla buona dotazione terpenica. I vini manifestano una aromaticità floreale simile a quella delle della famiglia delle Malvasie. Spiccano anche sentori di noce moscata e agrumi. Al palato i vini sono corposi caratterizzati da una buona freschezza acidica. In relazione alla buona acidità è possibile valutarne l’impiego per la produzione di vini frizzanti o spumanti aromatici. In Italia è ammesso nelle seguenti igt Alto Livenza, Colli Trevigiani, Conselvano, Trevenezie, Marca Trevigiana, Vallagarina, Veneto*, Veneto Orientale, Verona o Provincia di Verona o Veronese, Vigneti delle Dolomiti (in lingua tedesca Weinberg Dolomiten).

Muscaris

              Cabernet blanc

Chiamato anche anche VB 91-26-1. Secondo alcuni autori il vitigno Cabernet Sauvignon e il Regent, sono i genitori genetici di questa varietà selezionata nel 1991 dallo svizzero Valentin Blattner. Il vivaista tedesco Volker Freytag si è occupato per diversi anni di analisi sperimentali. Secondo altri è un incrocio interspecifico tra il Cabernet Sauvignon e un partner di resistenza sconosciuto. Si presume che sia un complesso incrocio Cabernet Sauvignon x Silvaner x (Riesling x Vitis vinifera) x (JS 12417 x Chancellor) così come le nuove varietà Cabertin e Pinotin. Di conseguenza, i geni di Vitis labrusca, Vitis lincecumii, Vitis rupestris e Vitis vinifera sarebbero inclusi. Il vitigno è stato inserito nel catalogo ufficiale delle varietà della Repubblica Federale di Germania. Oltre che in Germania, questa varietà di sta diffondendo anche nel Regno Unito, nel Benelux e in Francia con molti ettari piantati. Oggi è autorizzato anche in Italia.
Questa varietà è nata con l’obbiettivo di trovare un esemplare genetico tollerante alle crittogame fungine, che maturasse prima e più omogeneamente e con un profilo particolarmente aromatico.
Le osservazioni sono state fatte presso il BUNDESSORTENAMT, Stazione di Mußbach, Germania. Il vino Cabernet blanc viene prodotto anche in Olanda.

Cabernet blanc

 

                       Cabertin 

La varietà Cabertin, iscritta nel Registro Nazionale delle varietà di vite della Repubblica Federale di Germania, è il risultato dell’incrocio tra Cabernet Sauvignon e un parentale resistente alle crittogame fungine, effettuato nel 1991 dallo svizzero Valentin Blattner. Il vivaista tedesco Volker Freytag è responsabile di approfondite sperimentazioni in campo e microvinificazioni.
La varietà è nata con l obbiettivo di trovare un esemplare genetico di Cabernet, tollerante alle crittogame fungine, che maturasse prima e più omogeneamente e con un profilo tannico morbido.
Le osservazioni sono state fatte presso il BUNDESSORTENAMT, Stazione di Mußbach. Potrebbe essere fratello del Cabernet blanc. Oggi è autorizzato anche in Italia.

Cabertin

                                    Pinotin

Il vitigno Pinotin chiamato anche VB 91-26-19 è il risultato del lavoro di selezione da parte dello svizzero Valentin Blattner nel 1991. Si tratta di un incrocio tra Pinot nero e un parentale resistente alle crittogame fungine. Il vivaista tedesco Volker Freytag ha assistito da vicino alla sperimentazione e agli studi così come alle microvinificazioni per promuovere questo
vitigno tra i viticoltori, nella ricerca e a livello istituzionale. Dal 2014, come risultato di questo impegno, il Pinotin è stato ufficialmente inserito nel catalogo delle varietà di viti in Germania ed Europa. Questa varietà è nata con l obiettivo di trovare un esemplare genetico di Pinot, tollerante alle crittogame fungine, che maturasse prima e più omogeneamente con un profilo tannico morbido. Le osservazioni sono state fatte presso il BUNDESSORTENAMT. Secondo altri autori i genitori sono il Cabernet Sauvignon e il Regent.  Per molto tempo si è parlato di un incrocio tra Pinot noir x partner di resistenza sconosciuti. Tuttavia, l’allevatore stesso ha annunciato che un complesso incrocio (Cabernet Sauvignon x Sylvaner)x (Riesling x Vitis vinifera) x (JS 12417 xChancellor) è la base; così come le sue due già citate varietà Cabernet blanc e Cabertin. Di conseguenza, i geni di Vitis labrusca, Vitis lincecumii, Vitis rupestris e Vitis vinifera sarebbero inclusi. Si ottiene un vino rosso color rubino con aromi di ciliegia nera. Nel 2016, una superficie di 0,2 ettari è stata segnalata in Svizzera (statistiche del prof. Kym Anderson dell’Università di Adelaide).

Pinotin

                            Pinot regina

La varietà è stata posta in osservazione in campo in Italia dal Consorzio Innovazione Vite Soc. Cons.a r.l. in Comune di Rovereto (TN) in due località ad elevata umidità ambientale: Maso Romani (terreno a tessitura franco argillosa) e località Ischia (terreno a tessitura tendenzialmente franca).
La varietà è stata ottenuta in Ungheria per incrocio tra il Pinot nero (parentale maschile) e Petra x BC4 (parentale femminile). Adatto alla vinificazione in rosso, i vini presentano un colore scarico tuttavia con tonalità violacee gradevoli, il profilo aromatico con note di ciliegia e frutta rossa ricorda quello del Pinot Nero. In relazione alla buona struttura acidica è potenzialmente interessante per la produzione di basi spumante, anche in rosato.

Pinot regina

                                        Sevar

Vitigno ottenuto in Moravia (repubblica Ceca) da incrocio tra Seyve Villard 12/58 (parentale maschile) e Saint Laurent (parentale femminile). Il Saint Laurent discende dal Pinot noir. Il Seyve Villard discende dal Seibel 6468 e dal Subereux.

Sevar

                         Palma

Varietà ottenuta in Ungheria per incrocio tra parentale maschile VHR3082-1-42 che discende da Aubun e da VRH 1-28-82 e parentale femminile Petra ( KunbaratXPinot noir). Varietà coperta da privativa comunitaria. Presenta tolleranza a Peronospora e Oidio.
Testata in località Maso Romani ad un altitudine di 180 m.s.l.m, quindi in fondo valle vicino alla città di Rovereto (TN). Ha una discreta affinità con il Riesling Italico.

Palma

Altre varietà registrate nel Catalogo Internazionale delle Varietà (VIVC)

(non iscritte nel Registro Nazionale Italiano)

Aromera (B) Muscat Ottonel X Villard blanc Innovitis IT
Solira (B) (XY) Innovitis IT
Vinera (N) (XY) Innovitis IT
Vinorè (N) (XY) Innovitis IT
Phoenix (N) (1964) Bacchus X S.V. 12-375 Julius Kuhn Institute (JKI) DE
Baron (N) (1983) Cabernet Sauvignon X Bronner Istituto di Ricerca di Friburgo DE
Monarch (N) (1988) Solaris X Dornfelder Istituto di Ricerca di Friburgo DE
Cabernet cantor (N) (1989) Chancellor X Solaris Istituto di Ricerca di Friburgo DE
Chambourcin (N) Joannes Seyve 11369 X Plantet Joannès Seyve (breeder) FR
Divico (N) (1997) Gamaret X Bronner Stazione di Ricerca Feder. Changins (RAC) CH
Sevar (N) (1964) Seyve Villard 12-358 X Svatovavrinecke Breeding Station of Vine Grape, Ltd. CZ
Esther (N) (1969) Seyve Villard 12375 X Magarasci Csemege Institute for Viticulture and Enology HR

Hibernal ottenuta da Seyval 7053 X Riesling ottenuto nel 1944 Contiene geni di Vitis labrusca, Vitis lincecumii, Vitis rupestris e Vitis Vinifera. Come molti ibridi di prima generazione produce vini con sentori “foxy”.

Vitigni ottenuti in Serbia:

Petra  ottenuto nel 1991 da Kumbarat X Traminer.

Mirna Backa, Rubinka e Petka ottenuti da Petra X Bianca in Serbia nel 2002.

Pannonia e Morava ottenuti entrambi da Riesling x SK 86-2/293 in Serbia nel 2002.

Vitigni ottenuti in Moldova:

Legenda Villard blanc X Traminer

Riton Villard blanc X Rot Traminer

Viorica ottenuto nel 1969 da Seibel 13666 X Aleatico

La ricerca continua a ritmi sempre più elevati, speriamo che porti frutti interessanti sia dal punto di vista qualitativo che da quello ambientale e contemporaneamente il dibattitto si fa sempre più interessante.

Buon lavoro ai ricercatori e ai viticoltori e

Salute!

 

 

 

 

 

 

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